di Andrea Sanvito, Senior Advisor yourCFO
L’esplorazione: localizzare i giacimenti
La società, una multinazionale con quattro stabilimenti produttivi in Italia, aveva perso per tre anni consecutivi circa 9 milioni di euro all’anno su un fatturato di 250 milioni di euro, generato per due terzi presso clienti di primo impianto e per un terzo sul canale della ricambistica. I risultati economici erano assolutamente deludenti, malgrado un portafoglio prodotti ampio e di qualità eccellente, e marchi storici di grande prestigio e notorietà, sia in Italia, sia all’estero. Il processo produttivo era stabile e sufficientemente efficiente, anche grazie a manodopera esperta, ben addestrata e dal basso tasso di assenteismo. Alcune evidenti disfunzioni, che generavano conflittualità fra diverse funzioni aziendali, erano il sintomo di politiche commerciali e distributive inefficaci e anti-economiche. Due in particolare le aree di sofferenza:
- In ambito commerciale, un portafoglio ordini da evadere superiore alla capacità produttiva, che generava ritardi nelle consegne rispetto alla data concordata fra cliente e venditore. Un disservizio particolarmente grave per uno dei due segmenti di mercato serviti dall’impresa, quello dei ricambi (After Market), che richiede invece tempestività e puntualità.
- Sul fronte logistico-distributivo, un alto tasso di obsolescenza dei prodotti in giacenza presso i depositi periferici e frequenti differenze inventariali, con conseguenti costi di rottamazione e svalutazione dei magazzini.
A complicare le cose, un sistema di reporting che non consentiva una agevole lettura della marginalità per canale/cliente/prodotto. Effettuammo nel giro di alcune settimane ulteriori estrazioni ed analisi dei dati di vendita e marginalità per prodotto/canale, e ci rendemmo conto che la bassa marginalità dei prodotti destinati al segmento dei ricambi era la causa principale delle perdite di esercizio. I prezzi unitari di vendita non erano sufficientemente remunerativi e, oltre a causare delle perdite, avevano condotto ad un boom degli ordini di vendita, che le fabbriche non riuscivano a soddisfare secondo le tempistiche richieste dal mercato. Esaminando i dati per marchio, rilevammo come la crescita dei volumi dei prodotti “anonimi” (senza marchio), dai prezzi unitari particolarmente bassi, aveva generato la cannibalizzazione delle vendite dei prodotti a marchio e contribuito a deprimerne i relativi prezzi.
La ricerca: lavare via tutto ciò che non è oro
Eravamo a fine anno e, nonostante le perplessità di alcuni colleghi, decidemmo di aumentare i listini dal 1° gennaio dell’anno successivo con percentuali comprese fra il 10% ed il 15%. Non fu certamente una decisione facile: non avevamo mai effettuato un intervento così drastico e incisivo sui listini dei nostri prodotti ed eravamo consapevoli del rischio di perdere alcuni clienti. Confidavamo però nella forza e radicamento dei nostri prodotti e marchi storici.
Allo stesso tempo, con medesima decorrenza, eliminammo completamente il canale di vendita degli articoli senza marchio, anche in questo caso rischiando di perdere del fatturato. Avviammo infine un programma di chiusura progressiva dei depositi periferici, gestiti da distributori o agenti, risolvendo i relativi contratti con i dovuti preavvisi e ritirando i prodotti invenduti alla scadenza del rapporto.
In parallelo, ci attrezzammo per effettuare consegne rapide, anche su piccoli lotti, esternalizzando una parte del magazzino presso un operatore specializzato ubicato nei pressi della fabbrica principale.
L’estrazione: ecco l’oro!
Dodici mesi dopo, con il reporting di fine anno e con grande soddisfazione, comunicammo i nuovi risultati: il fatturato complessivo era rimasto stabile ma eravamo tornati in utile. Con coraggio e determinazione, avevamo preso le decisioni giuste e soprattutto necessarie per riportare in bonis l’azienda. La manovra di incremento dei listini non aveva condotto ad alcuna riduzione dei volumi fatturati e si era tradotta in diversi milioni di euro di marginalità incrementale, che aveva compensato le perdite operative.
Come immaginavamo, i nostri prodotti e marchi erano una vera e propria miniera d’oro, dovevamo solo sfruttarla meglio!