In agosto 2019 la Business Roundtable ha rilasciato una dichiarazione sul “Purpose” aziendale – lo scopo, la ragion d’essere – con l’impegno di 181 CEO a guidare le loro aziende a soddisfare le esigenze di tutti i portatori di interesse, cioè tutte le categorie di soggetti che possono essere influenzati, toccati o avere un interesse per le attività dell’impresa: clienti, dipendenti, fornitori, comunità, azionisti.[1] L’impegno dell’azienda, quindi, deve andare al di là del mero profitto e del focus sugli azionisti (shareholders) per includere tutte le entità che vengono impattate dalle attività dell’azienda (stakeholders).

Ci focalizziamo qui sui clienti finali in quanto portatori di interesse per le attività di un’azienda o di un brand. Oggi ogni strategia di branding e di marketing mette il consumatore al centro: è il consumatore che decide se scegliere un certo brand grazie alle esperienze che il brand è in grado di offrire. Ma quali sono gli interessi del cliente e le aspettative di esperienze in un’ottica ESG?

Interessi del cliente

Pensiamo ad un’azienda di moda e alle tematiche ESG che maggiormente la espongono al giudizio del cliente finale. Sul fronte E, non è nuovo il tema “quanto inquina un paio di jeans”: oltre a utilizzare 35% del cotone prodotto globalmente ed enormi quantità di acqua, ad ogni lavaggio i jeans rilasciano microfibre che finiscono nella pancia dei pesci.[2] Prediligere jeans non trattati prodotti da aziende che utilizzano materiali organici è una strada per ridurre l’impatto ambientale.

Sul fronte S, il disastro del Rana Plaza a Dacca nel 2013 con 1129 vittime ha definitivamente alzato il velo di disinteresse su chi paga l’effettivo prezzo dei capi di abbigliamento low cost che fanno esplodere i nostri armadi.[3] Inoltre, ha reso evidente che il modello di business basato sulla compressione dei costi per massimizzare i profitti, che sfrutta le risorse naturali e non offre protezione alla filiera di lavoratori non è eticamente sostenibile — e qui arriviamo in ambito G.

Per chi si domanda quanto questi elementi così distanti dalla fruizione del prodotto moda possano essere messi in relazione con i bisogni dei consumatori, i dati di mercato dicono che i consumatori sono disposti a pagare un sovraprezzo per brand e prodotti in linea con i loro valori personali.[4] In particolare:

  • il 70% degli acquirenti è disposto a pagare il 35% in più per prodotti sostenibili
  • il 57% è disposto a cambiare le proprie abitudini di acquisto per contribuire a ridurre l’impatto ambientale negativo
  • il 79% del campione afferma l’importanza che il brand fornisca una garanzia di autenticità

Esigenze ESG e vantaggio competitivo

La sfida per chi si occupa di branding e marketing è individuare e costruire una relazione coerente tra i bisogni ESG del cliente finale e il proprio brand / la propria azienda.  Solo in questo modo le esperienze che la marca offre possono davvero essere autentiche, rilevanti per chi viene ingaggiato, e sostenibili nel tempo.

Come evidenziato in precedenza[5], il percorso deve necessariamente partire dall’interno dell’azienda e dal suo purpose: perché esistiamo? Quali sono i nostri valori? Da qui, tutte le leve del marketing possono essere attivate per dare forma e portare sul mercato il prodotto più coerente per la marca e con il maggior vantaggio competitivo per il cliente. Mentre il processo impatta tutta l’azienda, dalla scelta dei fornitori al servizio post-vendita, il marketing ha un ruolo centrale nell’ascoltare il cliente e nel formulare raccomandazioni e proposte di go to market affinché il brand non sia solo convenienza d’acquisto.

Un esempio di eccellenza è sicuramente Patagonia[6], azienda che ha raccontato la passione per l’outdoor declinandola in tutti gli ambiti aziendali e ha saputo costruire un’immagine di marca solidissima — così che oggi le persone scelgono Patagonia non solo per la qualità dei prodotti ma anche perché si identificano con i valori e l’impegno concreto dell’azienda. La narrativa di Patagonia, sempre coerente, ha celebrato in immagini la bellezza dell’outdoor; ha portato colori accesi in una gamma tradizionalmente neutra; ha chiaramente preso posizione contro il consumismo sfrenato.[7]

Pubblicità Patagonia 2011

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La storia di Patagonia dimostra che la strategia ESG deve essere parte del DNA dell’azienda. Con questa premessa, l’ascolto dei bisogni del cliente finale diventa un meccanismo di input importante, uno strumento che aiuta a rendere ancora più solida la marca e a creare una relazione duratura di fiducia tra marca e cliente.

L’esperienza Patagonia insegna anche che lo sviluppo sostenibile della marca non è appannaggio delle grandi aziende ma delle aziende con una visione. yourCMO può accompagnare le aziende nella costruzione della relazione con i suoi clienti.

[1] https://www.repubblica.it/green-and-blue/2020/11/28/news/anche_i_jeans_sporcano_la_terra-276040399/

[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Crollo_del_Rana_Plaza_di_Savar

[3] https://www.mark-up.it/8-consumatori-su-10-chiedono-al-brand-una-garanzia-di-autenticita/

[4] https://www.yourgroup.it/practice/creazione-di-esperienze-autentiche-e-sostenibili/

[5] https://www.patagonia.com/home/

[6] https://www.patagonia.com/stories/dont-buy-this-jacket-black-friday-and-the-new-york-times/story-18615.html

[7] https://www.businessroundtable.org/business-roundtable-redefines-the-purpose-of-a-corporation-to-promote-an-economy-that-serves-all-americans

Elisabetta Manzi
Elisabetta ManziAssociate Partner yourCMO / yourCEO