D: Grazie Fabio per averci concesso questa intervista: ci vuoi raccontare un po’ della tua esperienza professionale?

R: Certamente Andrea con piacere, da circa 15 anni ricopro il ruolo Chief Financial Officer in aziende con un fatturato fino ad 1,5 miliardi di euro,che operano nel mercato italiano così come in mercati internazionali, in diversi settori(sanità, trasporti, costruzioni, energia) ed in diverse fasi del ciclo di vita aziendale (start up, quotazione, ristrutturazione aziendale ed M&A);mi sono occupato spesso dell’attività di integrazione post acquisizione, che rappresenta un elemento determinante per le strategie di crescita c.d. inorganica.

Mi è stata molto utile l’esperienza nella consulenza direzionale in Bain &Co., dove ho supportato primarie aziende in progetti di revisione degli indirizzi strategici, finanziari e di miglioramento operativo. Ciò mi ha consentito di sviluppare competenze di problem solving con una visione d’insieme sulla gestione aziendale, andando oltre le tematiche specifiche di amministrazione finanza e controllo.

Anche i primi anni nel business di famiglia sono stati molto preziosi per maturare l’attitudine ad un approccio pratico (c.d. approccio hands on), consentendomi inoltre di avere fin da subito una esposizione molto frequente alle tematiche di finanza di azienda, che poi hanno caratterizzato il mio sviluppo professionale.

 

D: Com’è cambiato secondo te il ruolo del CFO in questi anni?

R: Il ruolo del CFO è sicuramente evoluto in questi anni: il CFO è stato necessariamente stimolato ad avere una maggiore attenzione ai rischi,non solo finanziari ma anche operativi, in seguito alla estrema volatilità dei mercati -mai sperimentata con questa intensità- e dalla continue disruption di consolidati modelli di business.

I fattori che hanno maggiormente influenzato tale cambiamento sono la globalizzazione dei mercati e le nuove tecnologie:

  • La competizione ormai in molti settori è globale,si assiste ad aziende con posizioni di leadership consolidata che mostrano notevoli difficoltà a mantenere la propria competitività rispetto a “nuovi” competitor provenienti da mercati geografici fisicamente distanti o da competitor che implementano nuovi modelli di business e che sono provenienti da settori “adiacenti”.
  • Le tecnologie consentono di gestire il nuovo contesto con strumenti che abilitano il digitale e possono essere applicati ai “tradizionali” processi aziendali (es. Robotic Process Automation) consentendo la gestione della crescente complessità aziendale in modo efficace.

In questo modo si garantisce al CEO di poter focalizzare la propria attenzione anche su elementi competitivi di medio-lungo periodo,elaborando scenari prospettici che associno al profilo di rischio identificato il reale rendimento atteso.

 

D: Quali gli impatti sul CFO dalla crisi Covid 19 che stiamo vivendo? Quali gli insegnamenti?

R: Il Covid 19 è una evidenza che anche i rischi remoti, o classificati come tali, possono verificarsi. Naturalmente è ragionevole non essere preparati per affrontare un rischio remoto e se questo si verifica la capacità di reazione e la flessibilità del modello di business sono le uniche risorse per far fronte a problematiche derivanti da uno scenario inatteso.
Il principale insegnamento è quello di valutare ancor più attentamente i rischi esogeni al proprio business che aumentano il rischio di accadimento proprio per il contesto globale che caratterizza il sistema economico. La maggiore attenzione agli elementi c.d. ESG (Environmental, Social, Governance) credo sia oltremodo una esigenza per garantire resilienza al proprio business.


D: Come vedi il Fractional Executive, il modello promosso in questi anni da YOURgroup – e quindi il Fractional CFO – nel panorama delle aziende italiane?

Ho avuto modo di conoscerei professionisti di YOURgroup -alcuni sono stati miei colleghi in passato ed altri li ho potuto apprezzare più recentemente- e sono convinto che il modello di Fractional Executive, nella modalità che tu hai sviluppato, sia particolarmente efficace.

Infatti,le aziende hanno sempre più spesso necessità di risorse“plug&play” non necessariamente a “tempo pieno” ma con competenze qualificate e specialistiche, caratterizzate da un profilo di indipendenza. In particolare:

  • La velocità di esecuzione dell’attività che il fractional è chiamato a svolgere è un elemento chiave: infatti il fractional, avendo identificato la problematica già nella fase di assessment, è operativo dal primo giorno di incarico ed autonomo per la risoluzione dello stesso (c.d. “plug&play”).
  • Le aziende hanno spesso l’esigenza di adattarsi al cambiamento del contesto di business nel quale operano; i cambiamenti indotti richiedono competenze qualificate e specialistiche potenzialmente non completamente presenti in azienda. Per diverse ragioni quelle competenze presenti sul mercato non sempre sono interessate a entrare a tempo pieno in azienda.
  • I fractional executive hanno nativamente quelle caratteristiche di indipendenza che molto spesso sono determinanti per focalizzare l’attenzione dell’azienda sulle reali problematiche spesso “tecniche”e non su complicazioni organizzative e politiche, che certamente rappresentano dei vincoli reali ma la cui risoluzione è di competenza del management aziendale.

D: Secondo te il Fractional Executive può essere uno strumento utile per aziende più grandi e se sì, in che modalità?

Le aziende più grandi sono caratterizzate da una maggiore complessità ed il proprio management è solitamente abituato ad acquisire supporto esterno per progetti specifici che necessitano di competenze specialistiche o che devono essere gestiti da team di lavoro dedicati. In tale ottica comunque, a mio avviso il supporto del Fractional Executive è prezioso anche in contesti più strutturati dove è richiesta una competenza specialistica associata ad una maggiore seniority che consente la gestione di progetti con maggiore autonomia.