Buongiorno Azzurra, grazie di aver accettato la mia intervista: ci vuoi raccontare un po’ della tua interessante esperienza professionale e in particolare del tema dell’economia di genere?

Nasco come accademica, ma non come esperta di genere: quando ho iniziato a fare questo lavoro, 20 anni fa circa, il paese non era pronto per affrontare questi temi e quindi, per 17 anni, mi sono occupata di politica fiscale e di turismo (temi che tocco ancora adesso, essendo nel frattempo diventata la Presidentessa de Corso di laurea in economia delle Aziende Turistiche presso il mio Ateneo: l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza). Nel frattempo, continuavo a studiare la letteratura, prevalentemente anglosassone, sui temi dell’economia di genere. Poi, poco prima dei 40 anni, ho deciso di dare una chance alla mia vera passione. E devo dire che è andata bene, grazie anche al fatto che ora, finalmente, questi temi son divenuti centrali anche nel nostro paese. Allo stesso tempo, devo anche confessare che non è stato facile: avevo già raggiunto molti obiettivi, quando ho deciso di riposizionarmi. È forse opportuno ricordare che anche nel mondo accademico, così come negli altri ambiti, la specializzazione è un principio sempre operante e quindi, essendo io sempre stata presente su segmenti come il turismo e politica fiscale, sono considerata esperta su questi ambiti ed effettivamente, manifestarmi in questo ambito emergente nel nostro paese è stata davvero una sfida. Ma possiamo dire che è andata bene, anche perché si sono create, nel frattempo, quelle che potremo chiamare circostanze macro economiche favorevoli. Sotto un profilo pratico, quanto faccio adesso è illustrare quanto perdiamo dalla disparità di genere, ovvero stimare quanto le economie nazionali rischino di perdere se creano degli ostacoli alla piena parità. A livello macro economico, a livello di sistema paese quanto costa la gender inequality? Ecco, qui si posiziona la mia attuale attività di economista. Inoltre, sempre sulla scorta di quanto da anni ci dimostra la letteratura, mi occupo di valutare l’impatto della gender inequality nell’ambito aziendale, ad esempio nella composizione dei CDA, anche perché ormai sappiamo che la diversity nell’ambito di un CDA porta benefici in termini di migliore successo economico, oltre che di leadership, all’intera struttura aziendale.

Come è evoluto il mondo accademico in questi anni? 

Il mondo accademico è un mondo molto solido e stabile, si potrebbe pensare sempre uguale a se stesso. E tuttavia posso affermare con orgoglio di lavorare in un Ateneo incredibilmente innovativo. 15 anni fa, quando Unitelma ha cominciato a proporre corsi on-line, era una scommessa. Non esisteva un mercato e i competitors privati avevano target differenti dai nostri. È una sfida che combattiamo ancora oggi. L’idea dell’Ateneo pubblico che si dota di una struttura per la didattica on-line è tema che oggi, post Covid, dimostra la sua grande validità come offerta di formazione. Ovviamente, la promozione dei nostri servizi è molto classica, non vogliamo essere percepiti come un “venditore di corsi on line”. La tradizione secolare della Sapienza è sinonimo di garanzia dell’offerta formativa on-line e off-line.

E’ cambiato il tuo ruolo come economista in questi anni?

In questo Ateneo on-line mi è stato possibile sperimentare nuove soluzioni didattiche. Mi riferisco sia alle tematiche dei corsi, in termini di contenuti, sia alle dinamiche tecnologiche e logistiche che abbiamo adottato. Spesso, per fare un esempio, ci avvaliamo di lecturer esterni che possano contribuire ad arricchire i corsi. E tuttavia la loro presenza è in virtuale. A questo si aggiunge che il corpo docenti è molto selezionato e in quantità minore rispetto ad un ateneo tradizionale. Anche in questo caso una scelta che beneficia di una politica di costi morigerata senza sacrificare la qualità dell’offerta formativa. Il mio ruolo come economista negli ultimi anni 3-4 anni ha avuto una grande proiezione a livello internazionale. È una tendenza emergente che si sta strutturando nel tessuto accademico globale. In precedenza le discussioni economiche erano per lo più considerate materia per il mondo anglo americano, dove hanno sede le principali grandi scuole di economia. E tuttavia di recente anche la nostra prospettiva ha ricavato una sua nicchia che si sta espandendo. In questo senso sono spesso chiamata, con altre colleghe dell’area mediterranea, a contribuire alla discussione economica mondiale.

Quale impatto potrebbe avere la crisi sulla tua attività e sul mondo universitario?

Questa crisi ha già colpito la mia attività. Tutte le conferenze che avevo da febbraio a fine anno sono state posticipate al 2021. È un problema serio poiché in queste conferenze si ha modo di confrontarsi con altri accademici provenienti dal resto del mondo. In assenza di questi momenti temo che, in un periodo in cui tutti gli stati necessitano di una visione sul futuro, anche sulle sfide post covid che ci aspettano, non vi sia bastante materiale accademico e ricercatori che possono contribuire al dialogo per la ricostruzione. Sicuramente il mondo digitale con le web conference aiuta un poco, ma l’empatia e l’umanità che ha luogo in una conferenza dal vivo difficilmente può essere presente in digitale.

E’ e sarà, nei prossimi anni, un momento oscuro: tagli di budget di ricerca, tagli di consulenze etc.. stante le analisi attuali, a mio avviso conservative, credo che quest’anno avremo un crollo intorno al 12% del Pil.