Roma, 16/07/2020

 

D: Caro Antonio, grazie per averci concesso questa intervista: ci vuoi raccontare un po’ dalla tua straordinaria esperienza manageriale e professionale, fino alla fondazione di Rome Business School: un caso di grande successo, ora anche partner del network “Planeta Formación y Universidades” creato nel 2003 da De Agostini e dal Gruppo Planeta.

Grazie a te e voi dell’opportunità, Andrea. Ho iniziato il mio percorso professionale lavorando all’interno di importanti aziende italiane come Enel e Trenitalia. Dopo un Master of Business Administration e un’ulteriore specializzazione in marketing nel Regno Unito, mi avevano però cominciato a chiamare come docente di management alcune istituzioni formative. Mi sono quindi appassionato all’insegnamento e mi è venuta in mente l’idea di fondare una scuola di management con delle caratteristiche un po’ diverse dalle realtà che avevo conosciuto. In particolare, una scuola più internazionale, con un approccio didattico più orientato al saper fare, e con un orientamento alla responsabilità sociale d’impresa. Così, nel 2011 ho fondato la Rome Business School. Partendo letteralmente da zero, in pochi anni la scuola è cresciuta, diventando la più internazionale d’Europa, con studenti da 150 Paesi. Alcuni dei nostri programmi sono classificati tra i migliori al mondo, abbiamo partner in tutti i continenti e ho direttamente aperto una filiale della scuola anche in Nigeria. L’anno scorso ho definito un accordo con il Gruppo Planeta De Agostini, la cui area di business dedicata alla formazione è tra le più importanti al mondo. In questo modo, la Rome Business School oggi fa parte di un network più ampio che coinvolge oltre 100.000 studenti.
Ho quindi fatto degli investimenti imprenditoriali  in altri settori e in vari paesi, dalla consulenza, all’editoria, al recruiting e al commercio.
La mia attività professionale su scala internazionale mi ha portato a riconoscimenti e incontri molto speciali, quali il New York Summit Award per il mio impegno nella formazione su scala globale, e l’incontro con l’ex presidente degli Stati Uniti, nonché premio Nobel per la pace, Barack Obama.

 

D: Come sta cambiando il mondo della formazione in Italia? E dal tuo punto di osservazione privilegiato, come si sta muovendo nel mondo?

In Italia, come nel resto del mondo, è in crescita la formazione online. Si tratta di un fenomeno che era già in atto, ma che è stato sensibilmente accelerato dalla pandemia e che è destinato ad essere strutturale, non transitorio. Va però osservato al riguardo, che esiste un digital divide (il divario digitale tra chi ha accesso a dotazioni informatiche e al web e chi non ne dispone) ancora molto grave e che rischia di accentuare disuguaglianze e tensioni sociali.

In linea generale, poi, appare permanere un certo scollamento tra il mondo della formazione accademica e quello del lavoro. Contenuti e modalità didattiche sono spesso obsoleti, troppo teorici e distanti dalle reali esigenze di aziende e organizzazioni.

Per questo, le business school possono e devono rappresentare un punto di incontro tra domanda e offerta di lavoro, intanto erogando una formazione in linea con le competenze oggi richieste e poi mantenendo un costante dialogo e scambio con organizzazioni e aziende.

 

D: Ti sei spesso occupato di temi civici: quanto la formazione può aiutare a diventare cittadini migliori?

A mio avviso la formazione, insieme all’educazione ricevuta in famiglia, è alla base dello sviluppo di ogni persona e, conseguentemente, della società nel suo complesso. Va infatti considerato che la formazione può non solo trasferire conoscenze e competenze, ma anche valori che orientano l’agire individuale e collettivo. Questa dimensione valoriale dell’educazione per me è particolarmente importante e ne avverto fortemente la responsabilità. Ai miei studenti e docenti cerco di trasferire un messaggio di etica manageriale, spiegando che il successo di un’azienda e di una persona da un punto di vista professionale può e deve basarsi sulla reale creazione di valore per tutti gli stakeholders; quindi non solo gli azionisti e i clienti, ma anche i dipendenti, le comunità territoriali e la società nel suo complesso. Ritengo che formando le nuove generazioni di manager, imprenditori e leader con questo approccio si possa contribuire a rendere il mondo un po’ migliore: più prospero, giusto, pacifico e unito, con benefici per tutti.

 

D: Come sai YOURgroup si occupa di temi manageriali, avendo portato in Italia il concetto di fractional executive: per noi i temi di formazione sono fondamentali, anche nel processo di selezione. Pensi che nella media azienda il tema della formazione manageriale abbia possibilità di sviluppo?

Ritengo che nella media azienda e in ogni tipo di organizzazione la formazione manageriale abbia una grande possibilità di sviluppo, perché ancora se ne fa troppo poca. La condizione affinché questo accada è però una presa di coscienza su un aspetto-chiave: l’importanza delle persone. Se si comprende che le persone sono l’elemento cardine dell’organizzazione e la sua vera potenziale fonte di vantaggio competitivo, allora verrà naturale considerare la formazione non come un costo immediatamente tagliabile al primo vento di crisi, ma come un investimento primario e ad altissimo rendimento.

A mio avviso, il capitale umano è l’asset più importante; e un modo essenziale per valorizzarne il potenziale è proprio la formazione manageriale. Non è un caso che tutte le aziende di maggiore successo siano quelle che investono di più nello sviluppo delle proprie persone.

Su questo terreno in line generale c’è ancora molta strada da fare e, proprio per questo, occorre accelerare il passo, senza esitazioni.