D: Grazie Patrizia per averci concesso questa intervista: ci vuoi raccontare un po’ della tua straordinaria esperienza professionale?

Posso dire che la mia esperienza professionale è straordinaria nel senso letterale di“fuori dall’ordinario”, anche perché quando cominciai, donne nella finanza ce n’erano pochissime e io fui sicuramente una delle prime.

Mi sono laureata in filosofia e specializzata in psicosociologia, ma sono stata coinvolta subito dalla finanza con ruoli manageriali in organizzazione e HR quando fu istituita la legge sui fondi comuni d’investimento.

Iniziai in quelle che all’epoca erano aziende di Stato (BNL eINA), ma poi incontrai sul mio percorso l’ingegner De Benedetti con cui fondammo Finanza &Futuro. Dopo questa lunga e straordinaria esperienza divenni direttore generale BNL investimenti.

Erano gli anni in cui nasceva in Italia il settore del private banking e sicuramente sono stati anni di grandi stimoli ed entusiasmo.

Ho provato poi un’esperienza internazionale con J. Rothschild Assurance Group rappresentandoli poi in una startup internazionale.

Quello che mi ha caratterizzato sempre è stata l’attitudine a creare aziende, a farle crescere e lasciarle quando si affacciavano fasi di integrazione in modelli “multinazionali” come nel caso di Deutsche Bank e di Paribas.

 

D: Hai fondato quindici anni fa AIFO – Associazione Italiana Family Office, di cui sei presidente. Ci vorresti illustrare un po’ del settore dei Family Office e nello specifico degli obiettivi di AIFO?

L’esperienza estera mi aveva fatto riflettere sulla opportunità di implementare un modello di servizio da proporre al nascituro settore del Family Office nel nostro Paese.

Mi posi l’obiettivo di affrontare il tema della protezione dei patrimoni rilevanti, portando un’attitudine metodologica:nacque quindi AIFO – Associazione Italiana Family Office con un background e una impostazione fortemente culturale: il fine era appunto quello di portare cultura sviluppata in esperienze estere più avanzate nelle famiglie “multi-generazionali” italiane, con diverse fasce di complessità.

L’iniziativa nacque inizialmente con funzione informativa, successivamente ci ponemmo l’obiettivo di regolare l’identità professionale e quindi pochi anni dopo, con colei che ne è l’attuale direttore, costituimmo AIFO Academy, che organizza l’unico Master in Europa sul Family Office.Dal 2019 inoltre AIFO ha ricevuto dal MISE, Ministero dello Sviluppo Economico, il ruolo di soggetto autorizzato per la verifica dei requisiti di qualità e qualificazione professionale dei servizi prestati dalla figura di family officer e per l’iscrizione al relativo registro (ai sensi della legge 4/2013 (artt. 4, 7 e 8).

Negli anni abbiamo peraltro visto una forte evoluzione di chi partecipava la nostra iniziativa.Inizialmente erano i private banker, per poi passare agli avvocati e ai fiscalisti per arrivare infine direttamente alle famiglie imprenditoriali, in particolare dopo il liquidity event.

 

D: Il passaggio generazionale: un tema assai presente e dibattuto di cui tu sei una grande esperta. Qual è lo stato dell’arte in Italia in questo ambito?

Il tema è presente da tempo nell’ agenda della business community e delle aziende italiane e la situazione COVID-19 ha dato una forte accelerazione al tema,spesso acuendo negli imprenditori“senior” il senso di rischio e fatica e suggerendo loro di guardare più lontano.

Quello che mi sento di consigliare agli imprenditori di aziende familiari è di non avere fretta di arrivare subito alla decisione finale, ma di iniziare un percorso di riflessione e chiarezza strategica, integrando caratteristiche del patrimonio e attitudini delle generazioni afferenti al patrimonio stesso. Quello “dei passaggi” verso il futuro è il più punto più delicato nella loro storia imprenditoriale.

L’obiettivo più importante è quello della non dispersione,cementando un’identità familiare forte che possa dar vita a un codice di valori e di regole condivise con impatti positivi per i singoli e il contesto sociale.

 

D: A tale proposito, come vedi il Fractional Executive, il modello promosso in questi anni da YOURgroup, nel panorama delle aziende italiane per alzarne il tasso di cultura manageriale anche in ottica di supporto a questa fase importante della vita aziendale?

L’imprenditore è concettualmente consapevole che utilizzare manager con esperienza, magari in maniera flessibile, può essere utile ad una migliore gestione aziendale, ma ci sono forti vincoli.

Il primo è la mancata esplicitazione di regole “intrafamiliari” tra i congiunti che interagiscono a vario titolo con l’azienda di famiglia.Un manager che entra in un contesto ove le regole relazionali non esistono o non sono esplicitate, inserisce infatti un ulteriore elemento di complessità.

Il secondo punto è la forte visceralità che lega l’imprenditore all’azienda e che rende difficile percorsi di delega.

Il terzo elemento, altrettanto importante,è quello che non sempre nel mondo manageriale, soprattutto in realtà di provincia in contesti fortemente familiari, si trovano risorse disposte ad operare e volte ci si accontenta i profili sub-ottimali che non riescono ad avere successo.

Infine, per coinvolgere manager operativi è necessario avere un approccio strategico formalizzato recepibile da chi si deve occupare della parte operativa, approccio strategico che non sempre disponibile nella nostra media azienda.

Ciò premesso, reputo tuttavia che l’inserimento di managerialità professionale in aziende familiari avrebbe potuto spesso prevenire la cessione delle stesse a operatori finanziari (Private Equity) o a gruppi esteri tutelando le prospettive future per le generazioni più giovani e non immettendo fattori di discontinuità nel contesto economico locale.