D: Quale è stato il percorso professionale che hai intrapreso per arrivare dove sei oggi? 

Ho iniziato il mio percorso 32 anni fa lavorando a Piazza Affari come analista finanziaria. In seguito mi sono spostata in Benetton prima nel dipartimento del controllo di gestione e successivamente in tesoreria. Nel gruppo veneto ho avuto la fortuna di incontrare un CFO illuminato che ha scorto in me le soft skills attitudinali oltre alle doti tecniche. Mi ha quindi chiesto di fare il setup dell’ufficio di Investor Relations. Ai tempi Benetton SpA era quotata in 4 mercati e necessitava di una attività di comunicazione tecnico finanziaria con investitori istituzionali italiani ed internazionali.
E’ così che ho cominciato a sviluppare le competenze e le soft skill necessarie nel settore della comunicazione finanziaria. Dopo 9 anni mi sono lanciata in una nuova sfida dal nome De Rigo Spa. La società bellunese attiva nel settore occhiali, voleva quotarsi via IPO a Wall Street. Ho raggiunto l’azienda nella iniziale fase di costruzione dell’IPO e l’ho seguito fino al listing al NYSE dove è rimasta quotata per 3 anni: in De Rigo oltre al ruolo di IR ho coperto la posizione di responsabile della comunicazione corporate e di prodotto, e gestivo, direttamente senza media buyer, un enorme budget sui media in attività di promozione prodotto. In seguito ho collaborato con Twister, agenzia di comunicazione, per meglio affinare le mie skills nell’area dell’ufficio stampa. Il mio passaggio successivo che ha dato una svolta alla mia carriera è stato quello in Banca Ifis. Lì ho avuto modo di studiare e comprendere il complesso mondo degli Npl (Non Performing Loans) e del web marketing. Dopo circa 10 anni sono uscita, e dopo una breve esperienza in H-Farm per consolidare le mie competenze di comunicazione digitale ho deciso di fondare insieme a Giovanni Bossi e Luca Bonacina, Cherry srl. Una nuova realtà che permette la valutazione di Npl (in futuro anche Utp) con una base di analisi e comparazione algoritmica. Una soluzione veloce ed efficiente che permette di affrontare un mercato, quello del credito deteriorato, in forte crescita in Italia. Oggi oltre a essere CEO di Cherry srl sono anche fondatrice di una agenzia di comunicazione, TWIN, dove continuo a supportare con attività di advisoring sui temi di comunicazione corporate-finanziaria e relazioni istituzionali/IR, grandi e piccole aziende quotate e non.

 

D: Come vedi lo scenario delle Pmi e la gestione del debito (Utp npl)?

Purtroppo il numero di Pmi che hanno difficoltà a pagare i propri debiti è in aumento. Proviamo per un momento a pensare a quando le moratorie sul debito andranno a scadere, in teoria a gennaio 2021, salvo aggiornamenti: i contributi statali e le garanzie statali, che sino ad oggi hanno mantenuto a galla molte aziende, dovranno essere riviste. Questi due fattori ritengo che si tradurranno in due fattori: un aumento drastico di Utp (e se non trattati in tempo Npl) e un peggioramento della quantità degli Npl.
In questo scenario dovrà cambiare anche il tipo di investitore nel credito deteriorato. Il Calendar provisioning implica una valorizzazione degli Npl in forte calo già dal primo anno con percentuali diverse a seconda che siano secured o unsecured. I compratori di questi Npl dovranno essere per forza investitori istituzionali con denaro paziente: per quanto gli Npl avranno rendite interessanti avranno un arco temporale di valorizzazione tra i 10 e i 15 anni. Se consideriamo che con l’arrivo della grande quantità di Npl e contestualmente una raccolta rallentata avremo un crollo dei prezzi dei portafogli, il rendimento implicito continuerà ad essere interessante anche rispetto ad altre asset class.
Tema differente per gli Utp. Oggi già molti Utp sono, di fatto, Npl mascherati, non completamente svalutati, a cui vanno aggiunti i casi degli incagli delle banche che in tempi recenti sono saltate. Il credito deteriorato di queste banche è stato fatto confluire in istituzioni con grandi portafogli agglomerati che non hanno la possibilità di gestire, le posizioni delle aziende in difficoltà, facendo per forza peggiorare il loro stato finanziario.

 

D: La crisi farà affermare strumenti finanziari nuovi e/o alternativi?

Penso che ci sarà bisogno di provare a guardare alla finanza o a strumenti finanziari in modo più rotondo. Sarà necessario avere più competenze finanziarie per le aziende, il che  significa non vendere a scaffale i prodotti bancari disponibili e pronti, che si tratti di strumenti di risparmio o di supporto alle imprese. Tanto in azienda quanto in banca ci sarà bisogno di competenze finanziarie forti, a cui si aggiungono esperti settoriali. In banca sarà sempre più necessario un dialogo con gli imprenditori che, nel caso delle Pmi, sono spesso destrutturati. Magari non hanno nemmeno avuto la possibilità di conoscere a fondo le attività di una banca. Mi è capitato spesso di incontrare imprenditori con aziende dalle dimensioni pari a a 30-40 milioni di fatturato che semplicemente considerano le banche “ladri autorizzati”. Esiste un problema serio di comprensione, di linguaggio, di conoscenza di strumenti e di pregiudizi.
A mio avviso la soluzione non è nello dispiegare nuove tecnologie come, per esempio, la tanto discussa blockchain. Sicuramente le tecnologie sono utili per migliorare e rendere più efficienti i processi, per processare dati, trasformare numeri in reali informazioni, ma è necessario ricreare quelle condizioni di fiducia e credibilità fra sistema finanziario ed imprenditoriale.

 

D: Come vedi l’utilizzo della soluzione di managerialità frazionale (fractional executive) all’interno delle Pmi che necessitano di una marcia in più ma a costi contenuti?

Lo trovo un modello utile. Esiste una variabile psicologica, specie nelle Pmi a governance familiare, che spesso si ignora. Valutare di inserire una figura esterna è sempre sfidante. Non mi riferisco al semplice aspetto economico. È una questione di sinergie, di psicologia, di dinamiche interpersonali. In questo senso utilizzare un fractional è una soluzione che permette all’imprenditore di “testare” un manager esterno. Molte Pmi in passato sono rimaste traumatizzate da manager “stabili” che dopo 6-8 mesi se ne sono andati, lasciando processi incompiuti all’imprenditore.
A questo si aggiunge la situazione delle operazioni straordinarie. Penso ad esempio ad una quotazione in Borsa, o ad un operazione di finanza straordinaria, o una fusione. Tutte dinamiche che richiedono specifiche competenze di alto valore. In questo senso un fractional apporta specifiche competenze di necessità temporanea.