Buongiorno Eugenio, grazie di aver accettato la mia intervista: ci vuoi raccontare un po’ della tua interessante esperienza professionale e in particolare quella in Green Arrow, leader del Private Equity in Italia?

Ho iniziato 27 anni fa in Citibank a Londra. In seguito ho deciso di percorrere la carriera imprenditoriale fondando una piccola società di telecomunicazioni nel 1993. Da 3 soci che eravamo siamo diventati 150 persone e siamo divenuti appetibili per il mercato internazionale. In seguito nel 1997 l’ho venduta ad un gruppo quotato al Nasdaq. L’anno successivo, nel’98, mi proposero di divenire capo del gruppo a cui avevo venduto per il blocco EMEA.
Poi sono andato avanti diventando presidente di Grapes communication. Dal 2006 in poi ho iniziato a valutare altri settori per investimenti. Sono stato direttore di un fondo partecipato da Generali e Banca popolare dell’Emilia Romagna, si chiamava H2I. Nel 2007 sono stato “folgorato” dall’energie rinnovabili e ho fondato quella che poi è divenuta Greentech, quotata al Nasdaq insieme al gruppo WGM. Sono un italiano/romano che ha fatto 2 quotazione al Nasdaq.
Nel 2012 decido di creare una società mia, con l’obbiettivo di gestire fondi di investimento. È un attività che, negli anni, ho scoperto di amare: comprare aziende, farle crescere, dialogare con gli investitori. Di qui nel 2013 ho creato Green Arrow Capital. Da allora lunga cavalcata che mi ha portato dove sono adesso.
Oggi gestiamo quasi 2 miliardi di euro, 200 investitori istituzionali, il 30% sono internazionali, gestisco 15 fondi di investimento che investono in economia reale quali infrastrutture energetiche, rinnovabili e aziende che operano nel digitali ( Telco).
Poi gestisco fondi di private equity: compriamo e vendiamo aziende. In Italia, per esempio, ho comprato il marchio storico di Invicta.
Se cumuliamo tutti i dipendenti presenti nelle aziende che controlliamo, tramite fondi di Private Equity e Private Debt, abbiamo la responsabilità di circa 10.000 dipendenti. Questo senza contare le infrastrutture che occupano centinaia di altri professionisti.
Oggi siamo uno dei due primi operatori in Italia che gestiscono fondi alternativi, ossia fondi che durano tanto tempo, tra i 7 e i 15 anni.

 

Sicuramente l’attuale crisi impatterà sul mondo del lavoro. Secondo te quali saranno le conseguenza più immediate e quelle più a lungo termine in particolare sul mondo dei manager?

Sono un inguaribile ottimista, ritengo che la soluzione e la ricrescita ci sarà sempre. A mio avviso, tuttavia, secondo me questa crisi non ha fatto che acuire i difetti di chi era debole. Le aziende forti potranno acquisire ulteriori posizioni di mercato prendere. Sul fronte personale, come Green Arrow, la nostra scelta di avere posizioni in aziende stabili ha pagato. Dagli zaini ai circuiti stampati, passando per il medicale. A settembre, per esempio, abbiamo investito in un azienda che fa packaging alimentare. Ed ora è in crescita esponenziale.
Se si ha l’abilità di differenziare ci si può ben difendere da una crisi. Le aziende nostre van bene, non stanno ferme ma stanno assumendo.
Ci sarà uno spostamento di manager nel mondo del lavoro: i più validi avranno modo di migrare da aziende deboli a quelle più forti. Il periodo non sarà semplice da gestire ma questa migrazione la vedo molto chiaramente.
Sicuramente dal punto di vista del mercato del lavoro vedo un ridimensionamento delle ambizioni di salario. Un ribasso del salario per il manager è realistico. Il manager che, prima della crisi, percepiva, poniamo, un lordo di 100.000 euro potrà potrà trovare posizioni nuove ma con un compenso, indicativo del 20% in meno.
Tutto dipenderà da quante notizie positive potranno essere diffuse. Non mi riferisco ai vaccini. Parlo della capacità di trovare farmaci che possono ridurre il rischio e aumentare la capacità di guarire.
È indubbio che abbiamo tutti paura di un ritorno di fiamma e, nel caso peggiore, un secondo lockdown. Le implicazioni economiche sarebbero gravi, penso al blocco dei consumi, tanto per fare un esempio.
Anche senza un secondo lockdown siamo arrivati così in basso che l’October surprise ci sarà sicuramente. Tuttavia ricordiamo che i mercati finanziari anticipano i trend, sembra che il Covid sia stato già processato dai mercati. Per questo mi sento di sostenere che questa crisi potrebbe essere più breve di quel che si crede. Se ci sono segnali che si guarisce di più, penso alle disinfezioni con raggi Uv sino al distanziamento sociale, con maggior prudenza tra i cittadini in presenza di cure o, auspicabilmente, un vaccino, la gente tornerà ad essere più rilassata e, di conseguenza, tornerà a consumare.
Con questo scenario positivo in mente spero che la situazione di crisi possa durare 2-3 trimestri.

 

Come ne pensi del posto fisso per un manager?

Consiglio di essere super flessibile. Un mio vecchio maestro di vita mi ha insegnato che l’unica cosa costante nella nostra vita è il cambiamento. Il manager che non si adatta a cambiare settore, o nel suo settore a cambiare prospettiva, è destinato ad estinguersi. È importante comprendere, come manager il proprio valore, come un servizio e sapersi adattare in termini di proposta economica verso l’azienda. La percezione che si offre, con questo approccio verso l’azienda, è quella di un manager che è disponibile ad accettare dei rischi. Essere capaci di accettare e prendere su di se una parte del rischio è sintomo di maturità.
Il posto fisso nella grande azienda non esiste più. Se osserviamo, anche prima del Covid, i 500 di fortune notiamo che i gruppi che erano presenti 10 anni fa nella classifica oggi, nella stessa classifica, sono solo un 20%. Questo significa che abbiamo un mondo che va a una velocità incredibile.Un azienda che poteva sembrare stabile alcuni anni fa oggi non lo è più, il Covid ha solo accelerato questo cambiamento di paradigmi.

 

Come sai YOURgroup ha introdotto in Italia il concetto di Fractional Executive, che potrebbe essere una modalità per creare un nuovo grande mercato della managerialità nel nostro Paese. A tuo parere quali sono i principali ostacoli alla sua completa affermazione?

Sino ad oggi è stata la cultura poco flessibile del nostro paese, in termini di cultura economica. Esistono molte aziende storiche. Un numero ridotto di posizioni di leader di mercato da qualche anno, pre-Covid assistiamo a cambiamenti importanti.
Come ho già detto il Covid accelera questi cambiamenti. La domanda di “manager a consumo” o il termine più corretto di fractional executive, è elevatissima. La scelta da parte del manager è soprattutto di stampo culturale.
Se vuole mettersi in gioco e investire sul rischio e contemporaneamente su se stesso.
I più bravi non devono avere paura. Per quelli più scarsi invece non c’è scampo. Quello che sino ad oggi ha frenato molto questa nuova dinamica di managerialità frazionale è l’immobilismo di questo paese. Il fractional executive può diventare una chiave ci cambiamento vitale per l’intera nazione. Sia per i manager che avranno voglia di investire su se stessi e vogliono esplorare nuovi settori industriale. Sia per le aziende che vogliono muoversi da questa situazione di immobilismo e creare governance aziendali con maggior presenza di persone esterne alla famiglia, che possono portare nuovi punti di vista e investitori istituzionali.