D: Caro Davide, grazie per averci concesso questa intervista: ci vuoi raccontare un po’ dalla tua straordinaria esperienza professionale e ora, anche imprenditoriale?

Grazie Andrea per l’opportunità di condividere la mia esperienza con gli amici e colleghi italiani. 

Iniziando dal presente: oggi ho il privilegio di guidare DuPont Sustainable Solutions, una multinazionale della consulenza operativa. L’azienda nasce come business unit in DuPont negli anni 70 e nel 2019 è stata scorporata e acquistata da me e altri senior managers col supporto di un fondo di Private Equity. Attraverso un processo di MBO (Management Buy Out).
Oggi siamo una società indipendente, in 40 paesi con oltre 1000 esperti che lavorano con i nostri clienti per migliorare la sicurezza e l’efficienza dei processi di produzione e per aiutare ad affrontare i grandi cambiamenti culturali e operativi legati alla rivoluzione digitale.

La mia storia professionale inizia oltre 20 anni fa quando ho iniziato la mia carriera di consulente di direzione in Italia. Le ‘ossa’ me le sono fatte lavorando prima in un piccolo studio, poi su progetti nel settore pubblico, per approdare in Arthur D. Little dove, partito dal ruolo di manager, in pochi anni sono arrivato ad avere la responsabilità di un team globale.
In quei giorni è nata la voglia di confrontarmi con i mercati internazionali. Ero, e ancora sono, ispirato dalla curiosità di lavorare con persone provenienti da culture ed esperienze professionali ed umane diverse.

Nel 2010 DuPont cercava qualcuno che potesse trasformare il business della consulenza e ho pensato fosse la mia occasione. Ho lasciato Roma e mi sono trasferito a Ginevra e dopo 3 anni da direttore strategie mi sono trasferito negli USA. Le responsabilità sono cresciute, prima come general manager, poi vice-presidente e come detto, nel 2019 ho iniziato la mia nuova carriera di manager-Imprenditore.

 

 D: Quali le difficoltà o i vantaggi per un manager italiano che come te si è affermato negli Stati Uniti?

Quanto mi ha più aiutato nella mia carriera americana è stata la capacità di comprendere la complessità, scomporla e affrontarla con azioni concrete.
Tutti i ruoli che ho ricoperto hanno avuto a che fare con il tema del cambiamento, talvolta provocato da eventi interni, più spesso necessario per anticipare o inseguire l’evolvere del mercato. Ho applicato una ricetta americana con ingredienti italiani. Ridefinire la strategia, scovare i talenti e creare opportunità di crescita. Ci ho messo passione, creatività e ingegno…caratteristiche che vengono riconosciute ai manager italiani.

Ci sono state anche alcune barriere da superare. La cultura aziendale negli Stati Uniti ha regole e codici che si sono formati nei college e nelle business school. Arrivare da fuori richiede uno sforzo di comprensione e adattamento. Io sono stato aiutato e incoraggiato da alcuni buoni maestri che dietro l’accento italiano hanno intravisto delle qualità. Mi hanno insegnato a pensare più in grande, a comprendere le aspettative degli azionisti e a coinvolgere le persone. Ho imparato che il business in America è un parallelo del mondo dello sport: è la squadra che vince. Quando tutti i giocatori condividono un comune obbiettivo e sono messi nelle condizioni di eccellere nel loro ruolo.

 

D: Come state operando e come vedi il mercato italiano per la tua azienda? 

A livello globale continuiamo a crescere sotto la spinta di aspettative sempre più alte sulla sicurezza e la produttività delle attività industriali. Purtroppo la cronaca ci ricorda ogni giorno di quanto bisogno ci sia ancora di competenze qualificate per gestire la sicurezza delle nostre persone.
In Asia, Medio Oriente e negli Stati Uniti siamo occupati in progetti di trasformazione in molteplici settori: Energia, Minerario, Chimica, Trasporti, Manifattura e Food. Le aziende asiatiche in particolare sono affamate di talenti e best practice.
In Italia lavoriamo con alcuni grandi Clienti su progetti legati alla sicurezza del lavoro, l’efficienza e la sostenibilità della produzione e lo sviluppo di competenze. I nostri team Italiani ed Europei sin dall’inizio della crisi sanitaria sono stati molto impegnati a supporto della preparazione per la ripartenza. A fermare l’economia sfortunatamente è bastato poco, per farla ripartire ci vorrà uno sforzo sistemico senza precedenti: ridisegno dei processi di lavoro, gestione fornitori in crisi e supply chain accorciate, presidio del mercato, finanziamenti…ed altro. Lavoriamo con i nostri clienti per realizzare i cambiamenti necessari per ripartire di slancio.

 

D: Dalla tua prospettiva internazionale, come vedi il Fractional Executive, il modello promosso in questi anni in Italia da YOURgroup, ma presente in Usa da tempo, come nuova possibilità di offrire un supporto flessibile e di valore al nostro sistema imprenditoriale?

Le aziende americane sono iper-focalizzate sui bisogni dei clienti e l’innovazione. Competono consapevoli dell’enorme serbatoio di risorse e talenti disponibili. Il mercato del lavoro è flessibile e le competenze contano più dei titoli. Terreno perfetto quindi per la crescita del modello di Fractional Executive.

Credo che YOURgroup offra alle aziende italiane ed europee una finestra sul futuro del sistema imprenditoriale. Per competere sui mercati globali ci vogliono la scala, le risorse e l’agilità di metterle in campo rapidamente. L’accesso a tali risorse è la chiave del successo e YOURgroup te le consegna alla porta di casa. Bravi.