D: Caro Daniele, grazie per averci concesso questa intervista: ci vuoi raccontare un po’ dalla tua straordinaria esperienza manageriale e professionale?

Quando racconto la mia storia professionale mi piace partire dall’ultimo giorno dell’università,ero di fronte ad un bivio tra un’autostrada (avevo due offerte dalle big five della consulenza) e una stradina di provincia (eFM, una start-up, nata da poco che si occupava di fornire consulenza nell’ambito Real Estate). Ciò che mi aiutò a scegliere fu un colloquio interminabile con il fondatore di questa start-up romana, Nicola Martinelli.Non avevo compreso bene cosa facessero, ma fui folgorato dall’atmosfera innovativa e informale che percepivo e dalla grande visione su cui si fondava. Furono questi gli elementi che mi spinsero a scegliere la strada che allora appariva meno sicura e più tortuosa a discapito delle altre allettanti proposte.

Non ho mai rimpianto quella scelta, entrare in una start-up, mi ha fatto capire e conoscere a fondo i processi aziendali, mi ha fatto sporcare le mani su più ambiti, mi ha dato la gioia di vedere crescere l’azienda, ed io con lei. Nel 2010 siamo stati riconosciuti come Impresa più Innovativa d’Italia dalla Presidenza del Consiglio e da Confindustria, nel 2013 ho ottenuto il riconoscimento di “Manager Eccellente italiano” da parte di Manageritalia e l’anno dopo,quando sono stato nominato CEO, ero l’Amministratore Delegato più giovane d’Italia nel comparto immobiliare. Nel 2018 Gartner ha riconosciuto MYSPOT (start-up gemmata in open innovation dalla ormai consolidata eFM SpA)come “Cool Vendor 2018” nell’Employee Engagement and Enablement in the Digital Workplace.

Una serie di traguardi che ho raggiunto certamente non senza sforzi, ma che sicuramente hanno avuto alla base quella scelta coraggiosa,di 19 anni fa. Altro consiglio che vorrei dare è di non smettere di porsi domande, di trovare risposte sbagliando ed imparando. Sono un convinto sostenitore del life long learning che promuovo all’interno di eFM e seguo in prima persona, il mondo cambia ad una velocità senza precedenti,non possiamo permetterci di far sopire la nostra curiosità e voglia di imparare. E’questo che mi ha spinto lo scorso anno ha vivere un’altra esperienza formativa incredibile: potermi confrontare con CEO provenienti da tutto il mondo nell’ Advanced Management Program, un percorso molto impegnativo della IESE Business School, la scuola di business management di Barcellona che mi ha dato veramente molto e da cui sono nati progetti molto ambiziosi.

 

D: Tra le tante iniziative che da sempre hai portato avanti, ora ce n’è una particolarmente interessante: Venture Thinking: ti va di parlarcene?

Mi fa molto piacere parlarti di questa iniziativa che definirei come impresa filosofica, è questo quello che abbiamo l’ambizione di costruire.

Venture Thinking è un acceleratore di ecosistemi, un luogo di incontro fra imprenditori, filosofi, progettisti, innovatori che nasce con l’intento di mettere a fuoco e condividere visioni, strategie e paradigmi per lo scenario in cui viviamo. È l’impresa – assolutamente necessaria e urgente – della costruzione di nuove appassionanti relazioni tra filosofia, business, creatività, lavoro. L’impresa di una crescita che può essere economica se è umana e vitale. Venture Thinking è un acceleratore ecosistemico che unisce esperienze e competenze differenti con l’obiettivo di superare la crisi economica attraverso la collaborazione, la solidarietà e la condivisione. Una squadra formata da CEO, filosofi, imprenditori, economisti e inventori scendono in campo per condividere esperienze e generare nuove idee per individuare un nuovo modello di sviluppo e uscire dalla crisi insieme.

La prima iniziativa concreta di Venture Thinking è il programma Phoenix, gemmato proprio in questo momento che stiamo vivendo per pensare il futuro. L’emergenza Covid-19 ha causato il blocco delle attività produttive in tutto il mondo e in quasi tutti i settori ed allora abbiamo pensato ad un’iniziativa per aiutare il substrato imprenditoriale italiano fatto da tante piccole e medie imprese. Phoenix è stato lanciato con IESE Business School e Università Campus  Bio-Medico – con l’obiettivo di  mettersi al servizio di chi si trova a guidare realtà come le PMI del nostro Paese, così importanti ma anche così sfidate dalla crisi. Il contributo in “innovazione solidale” delle grandi Corporate permette il sostegno delle filiere produttive offrendo la possibilità alle PMI di seguire un programma di accelerazione dedicato oltre alla possibilità di essere supportate da un network di eccellenza – i Venture Thinkers – che può accompagnarle in questa fase delicata fornendo idee, competenze, relazioni collaborative e generative. 10 settimane per ripensare il modello di business e generare nuove idee, un anno e un ecosistema di executive, innovatori, eccellenze accademiche al servizio della loro realizzazione.

D: eFM è una bellissima realtà orientata al futuro: mi racconti un po’ come si evoluta negli ultimi anni, come vi state muovendo?

Per capire come ci stiamo muovendo mi piacerebbe raccontarti la sua storia. Quando abbiamo iniziato la nostra avventura eravamo totalmente concentrati ad offrire soluzioni che potessero impattare sulle performance aziendali,sui “KPI – Key Performace Indicators” ed in particolare sulle due parole “SpacesEfficiency”. eFM stava aiutando a ridurre gli spazi dei propri clienti: da 40 metri quadrati a persona nel 2005 a 10 metri quadrati nel 2015. La rivoluzione di internet, l’utilizzo degli smart phone e dei tablet al posto dei computer fissi, la crescita del lavoro da casa hanno completamente trasformato il mondo del lavoro negli ultimi 10 anni. La crisi del 2008 ha imposto alle aziende di concentrarsi sui “saving”. Meno spazio, meno costi. Ed eFM fino ad allora rispondeva esattamente a quelle necessità: aiutare i propri clienti a ridurre gli spazi. Dentro di noi però cominciava a balenare la domanda:oltre all’efficienza aziendale stiamo imattando positivamente anche sulla vita quotidiana delle persone che lavorano negli spazi che noi stiamo ridisegnato?

Domanda per la quale non avevamo ancora una risposta fino a quando è emersa la necessità di un nuovo ufficio. Un’occasione unica. Potevamo prender in mano quella domanda e testarla su noi stessi… capire con le nostre persone se il lavoro aveva uno scopo più ampio di quello di efficientare lo spazio. Eravamo in grado di aumentare l’engagement dei nostri dipendenti? Avevamo le competenze per capire come lo spazio potesse migliorare lo stato emotivo delle persone? Migliorare la qualità delle diverse attività della giornata? L’aumento delle connessioni tra i dipendenti avrebbe aumentato la velocità di scambio delle idee? E più idee avrebbero aumentato il tasso di innovazione? Domande che finalmente hanno avuto una risposta.

Il giorno di apertura del nostro ufficio a febbraio del 2016 è stato uno dei momenti più emozionanti dei miei ultimi cinque anni da Ceo in eFM. Vedere la sorpresa delle persone, i sorrisi, la partecipazione. Era incredibile.  Un’azienda che aveva prevalentemente figure tecniche, aveva iniziato ad assumere psicologi, sociologi, antropologi per il benessere delle persone. Da quel momento abbiamo capito che era giunto il momento di ripensare la nostra missione e con le prime richieste che anche il mercato era pronto a recepirla. La nostra nuova mission “Sustaining engaging places for a better life” significava avere un grande “Purpose” e una grande motivazione per tutti noi, lavorare per migliorare il benessere delle persone. E lo abbiamo fatto creando dei luoghi non solo degli spazi. I luoghi hanno bisogno di essere vivi, di essere animati, di essere utili per lo scopo per cui sono progettati. Luoghi per migliorare il lavoro, non scrivanie. Luoghi per migliorare la salute, non posti di ospedale. Luoghi per migliorare l’apprendimento, non aule universitarie.

E la nostra nuova casa non separava più il vecchio ed il nuovo, ma li integrava. Ed è proprio sulla forza dell’integrazione che è nata una nuova azienda.

Questa è la storia di un’azienda e di un gruppo di persone che ha deciso di cogliere le opportunità della modernità per migliorare le condizioni di vita delle persone. Abbiamo spostato il nostro baricentro dell’immobile alla persona, dagli spazi ai luoghi, dalla quantità alla qualità. Ed abbiamo molti più problemi di prima… ma anche molta più gratificazione.

D: Come vedi il Fractional Executive, il modello promosso in questi anni in Italia da YOURgroup,come nuova possibilità di offrire un supporto flessibile e di valore al nostro sistema imprenditoriale?

Penso che sia una bellissima intuizione di cui il contesto socio-economico del nostro paese aveva veramente bisogno, soprattutto in questo momento storico di difficoltà produttiva, certamente acuita dalla pandemia. Il Fractional Executive è una risposta intelligente a due problematiche molto attuali, un approccio win-win per i soggetti in campo: le imprese e i manager.Da una parte abbiamo le aziende di dimensioni medie piccole che ancor più di prima si trovano nella difficoltà di poter contare su figure fortemente professionalizzate a tempo pieno; dall’altra i manager con una grande esperienza che, per vicissitudini volontarie o indotte, si trovano a dover/poter offrire la loro esperienza, il loro network e la loro energia a chi ne ha bisogno. Il tutto con un modello remunerativo vantaggioso per entrambe le parti in campo. Mutatis mutandis lo ritengo simile al modello di Venture Thinking e di Phoenix, un modello di ecosistema in cui si mettono in relazioni diverse figure professionali e tipologie di aziende dalle cui connessioni ed esperienze si generano modelli di pensieri nuovi, uno scambio valoriale a condizioni economiche sostenibili.