D: Grazie Chiara per averci concesso questa intervista: ci vuoi raccontare un po’ della tua straordinaria esperienza professionale fino alla fondazione di Redooc, per “ispirare” i nostri lettori??

Ecco il mio cv:

Nata, cresciuta e “maleducata” a Milano dal 1967.
Ognuno conosce una Chiara diversa: docente in Bocconi, consulente in McKinsey, manager in Unicredit, adesso AD di redooc.com, una piattaforma di didattica blended dedicata alle competenze di base STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) o meglio STEAM (STEM with Art), che ripensa il modo di insegnare e di apprendere.
Ha anche scritto un libro, “Le ragazze con il pallino per la matematica” con Luisa Pronzato, per dimostrare che la matematica è uno sport alla portata di tutti.
“Ciascuno impara con i propri modi e tempi. Siamo tutti bisogni educativi speciali”

 

D: Redooc è un caso di grande successo. Ce ne vuoi parlare e ti chiedo, da padre di due bimbe, come può aiutare i nostri figli a migliorare la propria formazione?

Il metro del successo è dato dagli obiettivi. La nostra missione è offrire materiale didattico nativo digitale accessibile e efficace per tutti. Quindi sì, Redooc.com è un caso di successo, unico in Italia per le sue caratteristiche. E’ una piattaforma di didattica dalla scuola dell’Infanzia all’Università, che ripensa il modo di apprendere, affinché ognuno possa imparare con i propri modi e tempi, perché siamo tutti bisogni educativi speciali. Ha  un focus speciale sulle competenze di base “leggere, scrivere, far di conto”, poco di moda (ormai da molti anni) ma le uniche che non saranno mai obsolete: matematica, italiano, inglese, coding, educazione finanziaria, giochi di logica, laboratori di futuro e di sostenibilità.

Il linguaggio naturale, la tecnologia, la gamification (redooc.com è come un grande gioco online, con esercizi interattivi a diversi livelli di difficoltà, punteggi, classifiche, avatar, passaggi di stato e diplomi…) sono tutti elementi che attraggono, incentivano i nostri figli/e nei loro personali percorsi di apprendimento.

Sono nati con lo smartphone nel passeggino, crescono con il tablet in mano, il PC sulla scrivania, come possiamo pensare di costringerli a procedure educative pensate a inizio del secolo scorso? E purtroppo non è stata Maria Montessori a pensarle e a renderle legge, ma Giovanni Gentile. Chissà se fosse diventata lei ministra, oggi avremmo un’Italia diversa, aperta al nuovo, al futuro.

 

D: La crisi che stiamo vivendo ci sta facendo riscoprire e ripensare al mondo della scuola: ci vuoi dare la tua visione partendo dalla tua significativa esperienza sul tema dell’istruzione?  

In Italia manca totalmente una visione di futuro e quindi una strategia sull’educazione, che è il futuro del nostro paese.

Si parla tanto di scuola (e quindi si pensa agli edifici) e di istruzione (e quindi si pensa alle procedure di memorizzazione e valutazione), di docenti e precari (ma mai dei diritti degli studenti), ma si dovrebbe parlare di “educazione” dal latino “educere”, tirar fuori il meglio da ciascuno, dando l’opportunità di scoprire, sviluppare e applicare i propri talenti individuali, accettando la sperimentazione e l’errore come passi necessari per il vero apprendimento.

Non si parla mai degli studenti e delle loro esigenze di apprendimento, i veri clienti di un servizio che dovrebbe attrarre le migliori menti (e cuori) del paese, non docenti (istruttori) ma coach aperti all’ascolto, al cambiamento.

Mentre gli adolescenti della “generazione Covid” si interrogano del loro futuro, gli adulti discutono di mascherine, distanziamenti e turni, dimostrandosi ancora una volta inadeguati agli occhi dei loro figli.

Questa grande opportunità di definire una visione di futuro dell’Italia, quindi una strategia educativa è ostacolata anche dalla scissione in due ministeri (Istruzione e Università), avvenuta malgrado la richiesta costante da parte delle aziende di competenze lontanissime da quelle che scuole e università, ancora troppo lontane dal mondo reale, riescono a produrre.

Questo settore ha bisogno di importanti investimenti (anche privati) che lo rendano un business moderno e profittevole: oggi è soffocato da burocrazia, shadow economy e assistenzialismo.

 

D: Da sempre sei attiva sui temi delle discipline STEM? Ce ne vuoi parlare? A che punto siamo in Italia su un formazione così importante per il futuro del Paese?

STEM sta per Science, Technology, Engineering, Mathematics. Siamo partiti da qui 7 anni fa, dalla matematica, la grammatica di base dello sviluppo tecnologico e quindi della ricchezza e garanzia del futuro di un paese. Strada facendo, ci siamo resi conto che metà dei problemi di matematica (almeno quella che proponiamo noi, non legata alle tecniche di calcolo ma al problem solving) nascevano dalla scarsa comprensione della lingua italiana. E abbiamo iniziato a sviluppare tutti gli altri contenuti… la mia personale interpretazione di STEAM, STEM con Arte.

Purtroppo il programma di matematica e le modalità di insegnamento in Italia sono ancora legati rispettivamente a tecniche di calcolo e memorizzazione. Un percorso a cassetti, a compartimenti stagni che serve a poco, anche ai talentuosi naturali, ma che sicuramente convince i più a essere “nati negati”, mentre negati si diventa!

Quando si avrà il coraggio di ripensare il programma, a fondo, e cambiare i metodi di insegnamento/apprendimento, allora si potranno risolvere anche i tanti problemi legati al tema STEM in Italia, a partire dalla scarsa presenza femminile.