D: Grazie Carolina per averci concesso questa intervista: ci vuoi raccontare un po’ della tua straordinaria esperienza professionale?

Ho una laurea in Economia Aziendale e un Master in Corporate Finance presso l’Università Bocconi di Milano. Nel corso della mia esperienza professionale quasi trentennale ho lavorato in prevalenza nel mondo dei servizi finanziari e assicurativi, più recentemente anche nella logistica ed e-commerce, ricoprendo ruoli diversi, in realtà multinazionali e multiculturali, in ambito finanziario, commerciale, marketing, business development, anche con responsabilità di P&L.

La mia carriera infatti comincia in Finance dove mi sono occupata di controllo di gestione, pianificazione e ho ricoperto anche il ruolo di CFO. Successivamente mi sono sempre più spostata in ruoli di business e frontend.

La prima delle due esperienze più rilevanti ha riguardato 11 anni nel gruppo GE Capital, dove oltre ad aver ricoperto diversi ruoli in Italia sono stata Responsabile Insurance per il Sud Europa e successivamente per il Business PLcc e Sales Finance negli Stati Uniti, dove ho vissuto per 1 anno in Ohio.

Mi sono poi trasferita a Roma dove ho lavorato per 12 anni per Poste Italiane, prima come capo del retail di Banco Posta, poi della Prevendita Specialistica nella rete commerciale Corporate e Pubblica Amministrazione ed infine della funzione Customer e Innovation Hub per il Gruppo.

Infatti negli ultimi anni mi sono appassionata di innovazione e startup e sono anche un business angel, socio e consigliere di Italian Angels for Growth.

Infine ad inizio 2020 ho iniziato una nuova avventura nel mondo dei servizi di pagamento alle imprese.

D: Da sempre sei attiva su temi della managerialità femminile e dell’inclusione: che prospettive vedi per questa battaglia di civiltà nel nostro Paese?

Mi sono appassionata a questi temi una volta arrivata a Roma. L’esperienza internazionale in Ge Capital, dove già ad inizio anni 2000 c’erano programmi per sviluppare la pipeline di talenti femminili, non avevo mai percepito in maniera forte la questione. L’esperienza sul mercato italiano ha rapidamente portato il tema alla mia attenzione. Pur avendo io già raggiunto posizioni di rilievo ma consapevole degli sforzi fatti e di alcune occasioni mancate ho pensato utile in una logica di give back trovare il modo di sostenere altre donne. Il primo passo è stato fondare PWN Rome, il chapter romano di una associazione internazionale che sostiene lo sviluppo professionale femminile. La consapevolezza del grande patrimonio associativo che c’è in Italia, ma al tempo stesso la frammentazione e la mancanza di cambiamenti strutturali a livello paese mi ha portato con altre donne con la stessa sensibilità  a costituire #InclusioneDonna, una alleanza che oggi raccoglie 63 associazioni con oltre 40k socie e 30 ambassador e che si pone come punto di riferimento per le istituzioni e trasversalmente tutti gli schieramenti politici sui temi occupazione e rappresentanza femminile.

E’ un momento in cui il tema della inclusione femminile è particolarmente attenzionato e la grande sfida che abbiamo e che continueremo a portare avanti come °ID è quella di assicurarci che le dichiarazioni di intenti della task force della Bonetti e di Colao, che racchiudono molte delle nostre proposte, si trasformino in azioni concrete con 3 interventi che riteniamo imprescindibili: previsione dell’analisi dell’impatto di genere su tutti gli interventi legislativi, l’introduzione della certificazione di genere (“iso like”) per le imprese e finalmente un monitoraggio serie sulle statistiche di genere.

Un esempio su tutte non c’è modo di monitorare l’accesso al credito per le imprese femminile, che sappiamo non essere assolutamente facile.

D: Finanza d’impresa: come sta cambiando a tuo parere? La crisi farà affermare strumenti finanziari alternativi?

Credo che anche questa volta una emergenza, in questo caso il Covid, abbia confermato la debolezza del nostro tessuto imprenditoriale dove il 95% delle imprese sono micro e quindi con un fatturato inferiore ai 2mil e meno di 5 dipendenti e sono poche centinaia di migliaia le imprese con un fatturato superiore a €500k.

Da un punto di vista di strumenti finanziari poi l’utilizzo del credito bancario tradizionale è la forma più diffusa con tutti i limiti del caso anche da un punto di vista di processo di valutazione. L’accesso ad una combinazione di strumenti potrebbe consentire alle imprese una ottimizzazione dei flussi e dei costi finanziari.

La crisi Covid ha confermato dalla ultima indagine Istat che le imprese più piccole hanno utilizzato il credito bancario per cercare di sopperire alla crisi di liquidità.

Oggi anche grazie alla innovazione tecnologica ci sono nuovi player sul mercato che possono essere una buona alternativa/integrazione e che spaziano da pagamenti, anticipo fattura, prestiti chirografari, anche considerato che  i loro processi e tempi di erogazioni sono più snelli e sono in grado di valutare il business in maniera più completa.

Nella mia esperienza pluriennale nei financial services ho potuto approfondire come oltre  a prodotti quali leasing finanziario o operativo, factoring,… anche il mondo dei pagamenti possa essere una fonte interessante a cui attingere anche in una logica di pagamento fornitori con la possibilità di una ottimizzazione del capitale circolante.

Insomma a seconda delle esigenze, più di breve o di medio/lungo termine, ci sono soluzioni sul mercato che credo in futuro abbiamo opportunità di sviluppo, solo però se accompagnate da una sorta di “education” alle imprese, soprattutto quelle piccole e medie.

D: Come vedi il Fractional Executive, il modello promosso in questi anni da YOURgroup,nel panorama delle aziende italiane?

Come dicevo il tessuto imprenditoriale italiano è di medie dimensioni e per questo motivo c’è sempre un tradeoff tra le competenze che servirebbero per fare un salto di qualità dimensionale, anche dove possibile internazionale, e la capacità di attrarre competenze che richiedono investimenti.

Il Fractional Executive è una ottima soluzione per poter portare in casa competenze manageriali, diverse da quelle consulenziali, che aiutino l’imprenditore a fare un salto di qualità e magari anche far crescere alcune figure all’interno della sua organizzazione.

In questo modo la piccola e media impresa può accedere a professionalità di spessore in maniera temporanea e flessibile negli ambiti di maggior interesse e necessità: finanza, commerciale, HR, …

Un esempio tipico potrebbe essere proprio quello a cui accennavo prima della ottimizzazione degli strumenti finanziari in modo da sostenere la crescita ed essere pronti ad affrontare situazioni straordinarie.

D: Tu sei anche un’attivissima e riconosciuta business angel: secondo te il Fractional Executive può essere uno strumento interessante per il mondo delle start up e delle scale up?

Il mondo delle startup a maggior ragione può beneficiare di una soluzione Fractional Executive, soprattutto nella fase post seed e pre serie A

Nella fase iniziale i team sono molto focalizzati sullo sviluppo della soluzione e quindi tipicamente c’è una presenza prevalente di ruoli tecnologici, marketing, commerciali.

Una volta che il modello di business diventa operativo ma non ci sono ancora le condizioni economiche per figure full time, ruoli di CFO o HR in logica fractional possono essere molto utili. Da ragionarci anche in una logica di advisory.

Il mondo delle startup è preso d’assalto da figure consulenziali di varia natura e mi permetto di dire anche di varia qualità, per cui avere una realtà di riferimento con un posizionamento chiaro in questo ambito potrebbe essere di grande aiuto e trasparenza.