Simonetta di Pippo
Director, SEE Lab (Space Economy Evolution Laboratory)
Professor of pratice of space economy
SDA Bocconi School of Management, Milan (Italy)
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D: Hai avuto una vita professionale intensa, dedicata allo spazio: dall’Agenzia Spaziale Italiana, poi dall’ESA all’Onu sino ad arrivare in Bocconi. Che cosa ti ha guidato e ispirato in tutto questo percorso?
Ispirazione, credo che tu abbia proprio scelto la parola giusta. In concreto, due elementi principali mi hanno guidato sino a qui: il desiderio di imparare continuamente, che avevo da sempre e che continuo ad avere, perché non mi trovo a mio agio nella staticità, e fare propria la responsabilità verso la società di contribuire allo sviluppo di un mondo migliore. Che lo sbarco dei primi esseri umani sulla Luna nel 1969 abbia contribuito alle mie decisioni, anni dopo, non c’è dubbio. Che lo spazio sia un campo nel quale tutto ormai succede ad un ritmo cosi serrato che il mio desiderio di imparare è soddisfatto oggi più di prima, di nuovo, non c’è dubbio. Ho costruito programmi internazionali in collaborazione con altre agenzie, ho gestito imponenti programmi come il contributo Europeo alla stazione spaziale internazionale o fondamentali missioni di conoscenza come la missione Cassini-Huygens, che ha esplorato Saturno, o il contributo italiano a Rosetta, che ha studiato una cometa e atterrato sul suo nucleo.
Ho lavorato alacremente all’esplorazione di Marte e contribuito a trovare l’acqua. All’ONU, ho passato otto anni a portare lo spazio e i suoi benefici all’umanità, in particolare nei paesi emergenti e in via di sviluppo per migliorare la qualità di vita dei cittadini del mondo. Ho usato lo spazio come un importante strumento di diplomazia, soprattutto preventiva, nella quale credo molto. Astrofisica e manager, sino a diventare un’astro-diplomatica e ora un professore in SDA Bocconi, in un contesto in cui lo spazio è ovunque e permea le nostre vite, e la space economy è già l’ossatura portante dell’economia del futuro, per affrontare la nuova sfida di questo periodo: la sfida dei talenti
D: Come pensi che l’economia spaziale possa evolvere supportando sia la società civile sia la crescita delle aziende italiane?
Secondo l’OCSE, si definisce space economy l’insieme delle attività e dell’uso delle risorse spaziali che creano valore e benefici per l’umanità nel corso dell’esplorazione, comprensione, gestione e utilizzo dello spazio. Nell’ambito delle attività spaziali la space economy e’ spesso considerata molto ancorata alle attività di telecomunicazione, satelliti e lanci, osservazione della Terra e equipaggiamento di terra, che appunto sono considerati elementi fondamentali del settore spaziale in termini di infrastrutture e asset in orbita. In realtà la space economy va ben oltre, perché il settore in più forte espansione e’ quello dell’indotto, cioè di come l’uso del dato e delle infrastrutture spaziali ci aiuta a migliorare la qualità della vita. Annoveriamo tra i settori che beneficiano enormemente dello spazio, solo per citarne alcuni, l’agricoltura, la protezione civile in presenza di una catastrofe, la gestione delle risorse naturali e i trasporti, l’educazione e la tele medicina, il monitoraggio dei parametri ambientali e la gestione degli impianti energetici da fonti rinnovabili.
L’Italia, non lo dimentichiamo, è stato il terzo paese al mondo nel 1964 a riuscire ad avere un satellite in orbita, tanto che per commemorare questo storico evento, il 16 dicembre è stata dichiarata dal governo ‘giornale nazionale dello spazio’. Le giornate di celebrazione servono si a presentare quanto si è fatto, ma anche a discutere e rilanciare le attività su temi strategici portanti e in questo il Pnrr e i suoi stanziamenti nel settore potrebbero fare la differenza proprio sulla strada del rafforzamento della posizione di leadership del nostro Paese a livello internazionale. Le competenze, anzi le eccellenze, non mancano di certo.
D: La discontinuità è un aspetto costante del contesto economico ed aziendale. A tuo avviso, sia b2c che b2b, come si possono affrontare i momenti critici, data la tua amplia esperienza su complessi scenari?
Mi perdonerai se qui rispondo con il testo, tale e quale, dell’inizio del capitolo 11 del mio libro: Space Economy, la nuova frontiera dello sviluppo.
“Guardare al futuro e a quello che ci aspetta è un esercizio non facile. Il futuro peraltro molto spesso è un’estrapolazione, talvolta fantasiosa e inaspettata, dal passato e dal presente. Inaspettato, talvolta, perché c’è sempre un «cigno nero» in agguato, per usare la metafora alla base dell’omonimo saggio di Nassim Taleb, che fa riferimento alla convinzione imperante che in natura non esistessero cigni neri, fino allo loro scoperta avvenuta nel Seicento in Australia. Secondo la teoria di Taleb, eventi rari e difficili da prevedere possono talvolta avere un impatto altissimo sul corso della storia, suggerendo quindi l’idea che talvolta ciò che non si sa è molto più importante di ciò che si sa, e ricordando quindi implicitamente, soprattutto se guardiamo al problema con un approccio scientifico, che raccogliere dati è senza dubbio quanto va fatto sempre e in qualunque circostanza, per cercare di evitare cigni neri. Forse non riusciremo a prevedere che cosa succederà, ma avremo una probabilità maggiore di riuscire a non essere completamente fuori bersaglio.Taleb ci induce inoltre a prendere atto che ciò che vediamo non corrisponde a tutto ciò che esiste, concetto anche questo alla base della ricerca scientifica e della continua scoperta di nuove informazioni. Il successo di un’impresa umana, secondo Taleb, è inversamente proporzionale alla sua prevedibilità. Questa visione dei fatti possibili si sposa con alcuni dei fenomeni ai quali stiamo assistendo in questa fase di sviluppo della space economy, si pensi per esempio all’avvento dei lanciatori riutilizzabili. In fin dei conti, l’idea del riutilizzo è semplice ma perché nessuno ci aveva pensato prima? Perché siamo tutti abituati a quello che conosciamo e, sulla base di quello che conosciamo, ragioniamo e pensiamo al futuro. Per fortuna, non tutti! …….è il momento di guardare al futuro facendo riferimento a esempi concreti di tecnologie innovative – e magari non prevedibili o non troppo prevedibili. Ne ho scelte cinque: il controllo del clima, le operazioni di servizio in orbita, l’estrazione mineraria, l’accelerazione dello sviluppo sostenibile e l’espansione della presenza umana nel sistema solare. Tutto prevedibile? Forse!”.
I momenti critici, soprattutto in un settore come quello spaziale dove la collaborazione internazionale è conditio sine qua non per mantenere un uso pacifico dello spazio a beneficio della nostra e delle future generazioni, richiede diplomazia e capacità di guardare al di là dei confini terrestri e della Terra. Pensare out of the box è un elemento, non l’unico. Innovare mantenendo coscienza dell’importanza della sostenibilità, assieme, in modo aperto ed inclusivo. Sembra una ricetta facile, e non lo è, ma dobbiamo continuare ad esercitarci.
D: Pensando all’importanza delle donne, specie in area STEM. Quali sono i suggerimenti che daresti a professioniste che vogliono evolvere la loro carriera in settori ad alta intensità scientifica come la tua ?
Quando nel 2009 fondai, assieme ad una collega tedesca, Women in Aerospace Europe, lo feci perché consapevole che c’è un bisogno forte di creare le condizioni affinché i talenti vengano alla ribalta, indipendentemente dal genere. Oggi, a distanza di 13 anni, l’associazione è un punto di riferimento per le aziende e la forza lavoro del settore in Europa, senza distinzioni. È, infatti, una associazione che e’ sempre stata aperta a tutti, e si basa sul principio che occorre guardare al merito e non al genere per mettere insieme la squadra vincente. Lasciare la metà dei talenti in panchina o negli spogliatoi non ha mai fatto vincere nessun campionato del mondo di calcio a nessuno, d’altra parte. E sempre per rimanere nel parallelismo calcistico, le donne devono capire che la partita si gioca pur se si ha paura di perdere, perché decidendo di rimanere ai margini, cioè non giocando, si è già perso in partenza.
Ricapitolando se vogliamo riassumere gli ingredienti per una vita professionale soddisfacente: dedizione, interesse, resilienza, volontà. Vale per tutti, d’altronde. Credete in voi stesse, direi, e dopo aver dato ascolto a tutti, fate di testa vostra, perché la vita è la vostra. Dico sempre che mi piacerebbe, cosi come l’ho fondata, chiuderla l’associazione, perché significherebbe che non vi è più bisogno della sua attività. Purtroppo i numeri ci dicono che non è cosi, e che in Italia, come in Europa, i pregiudizi sono ancora radicati. Quando guarderemo solo al merito e decideremo che la diversità, di qualunque tipo, è un asset e non un problema, avremo dato quella spinta propulsiva al Paese che il Paese aspetta da tempo. Abbiamo i talenti, abbiamo la creatività, abbiamo la voglia di fare. Ci manca, forse, il gioco di squadra!