Pietro Cum, Amministratore Delegato ELIS

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D: Nel tuo percorso professionale hai ricoperto numerosi incarichi, in ambiti differenti. Qual è la tua idea di “lavoro”?

Il lavoro è una parte preponderante della vita di ciascuno di noi, al punto che, in molti casi, diventa un tratto identitario, che ci definisce come persone. Chiedere a qualcuno che lavoro faccia, significa quasi sempre chiedergli chi è. “Sono un medico”, sarà una delle risposte. “Sono un insegnante, sono un cuoco”. E quando si perde il lavoro, non si perde solo un sostegno economico. Si rompe qualcosa nel nostro modo di percepirci in relazione alla società.

Eppure, l’equazione per cui “siamo” in rapporto a ciò che “facciamo” è incompleta. C’è una dimensione più profonda legata al senso ultimo delle nostre scelte professionali.

Il lavoro può cambiare la realtà: crea nuove idee, produce, trasforma la natura e le persone. Ha un impatto sul mondo, e lo cambia dal di dentro. Se è orientato al bene, se viene fatto bene, se vede gli altri come fine e non come mezzo, allora lo cambia in meglio.

Consegnare giornali all’alba, riparare un motore, calcolare un bilancio, vendere frigoriferi: non sono soltanto professioni, ma occasioni concrete di mettersi al servizio degli altri. E se concepiamo il nostro lavoro in relazione all’impatto che abbiamo sulle persone e sulla società, il significato della parola si amplia totalmente.

C’è una frase di san Josemaría, ispiratore di ELIS, nella quale mi riconosco particolarmente: “nessuna occupazione è di per sé grande o piccola. Ogni cosa acquista il valore dell’Amore con cui viene compiuta”.

Ma come si fa? La risposta che ho dato a me stesso, negli anni, riguarda una parola che oggi non va molto di moda: le virtù. Ce ne sono così tante, basta scegliere e aggiungerne ogni tanto qualcuna nuova, come una lente attraverso cui osservare sé stessi in relazione al mondo. Laboriosità, ordine, puntualità, generosità, rispetto, giustizia, equità, onestà, ascolto, pazienza. Sono troppe? Tutte insieme magari sì… una alla volta si può fare. A quel punto la nostra “temperatura relazionale” aumenterà e riscalderemo anche coloro che ci stanno accanto. Ed ecco che attraendo gli altri, il nostro modo di lavorare potrà diffondersi.

D: Il Covid ha dimostrato quanto è importante avere strutture educative efficienti. Nella tua esperienza quali sono le caratteristiche vincenti di questo settore?

Il dato di partenza è che il nostro sistema scolastico e formativo non è in grado di sostenere la domanda occupazionale. La scuola superiore italiana trasmette un’ottima formazione generale, ma non riesce ancora ad orientare i giovani alla scoperta dei propri talenti e a metterli in contatto con le aziende e le professioni del futuro. In più, la preparazione scientifica e la conoscenza delle lingue sono al di sotto degli standard internazionali. L’università è spesso la fotografia di un tempo che non esiste più: percorsi antiquati, distanti dalla realtà e percentuali di laurea ben al di sotto della media OCSE (soltanto il 18% contro il 37%).

In generale il periodo di studio dura troppo a lungo, e poi c’è il tema della formazione per chi già lavora, che spesso è insufficiente e genera la cosiddetta “obsolescenza professionale”.

Credo che un ruolo chiave in questo contesto sia svolto dalla formazione professionale, il cui ruolo è proprio quello di presidiare quel segmento che collega il percorso educativo standard con il mercato del lavoro.

In ELIS, da questo punto di vista, abbiamo un osservatorio privilegiato, perché siamo contemporaneamente centro di formazione, con oltre 7000 persone l’anno, e consorzio di aziende, con più di 120 tra le più grandi realtà imprenditoriali italiane e internazionali. Poter conoscere i due rispettivi punti di vista e lavorare in funzione di un legame costante e proficuo tra questi due mondi, ci ha consentito di definire alcune direttrici cardine della formazione dei nostri tempi.

Il collegamento con il mondo del lavoro, l’accessibilità, l’entusiasmo dei giovani e le relazioni: sono le 4 caratteristiche che la buona formazione deve mettere in campo.

  • Iniziamo dal principio. La formazione deve essere finalizzata all’ingresso nel mondo del lavoro. E’ possibile farlo coinvolgendo le aziende nell’individuazione dei profili professionali, nella progettazione ed erogazione dei corsi, valorizzando anche il ruolo dei maestri di mestiere. In questo modo, al termine di ogni percorso, le aziende stesse assumono le persone, formate secondo le proprie esigenze. E una volta in azienda, bisogna continuare a studiare: non c’è più un tempo per lo studio e uno per il lavoro!
  • Seconda caratteristica: la formazione deve essere accessibile. I dati prodotti dal nostro Osservatorio, ci indicano che – laddove non vengono messe in campo soluzioni e misure di accessibilità – aumentano due fenomeni distinti ma collegati tra loro: la dispersione scolastica e la crescita del numero di NEET (3 milioni di ragazzi che non studiano, non lavorano e non fanno formazione). In ELIS, in un solo anno, oltre 3.600 studenti hanno potuto accedere ad agevolazioni o gratuità. Più di 600mila euro sono stati destinati a borse di studio e prestiti d’onore, anche grazie al nostro partner Banca Prossima.
  • A questo punto entra in gioco l’entusiasmo dei giovani e la nostra capacità di valorizzare le differenze. Il sistema di formazione scolastico troppo spesso li riempie di nozioni, ma non li stimola nelle due attività più importanti: l’esperienza e la relazione. È necessario portare le aziende dentro le scuole e la scuola superiore e l’università dentro l’azienda, con progetti concreti che mettano in contatto studenti e dipendenti.
  • Infine, la vera formazione deve mettere al centro la persona. Non soltanto le competenze. Il cuore del nostro lavoro deve essere l’intera persona, con i suoi talenti, le sue vocazioni, i suoi obiettivi. La formazione deve far leva su ciò che di buono c’è in ciascuno di noi, rendendoci portatori sani di talenti.

D: Elis è un grande progetto d’integrazione sociale e culturale. Puoi raccontarci di cosa si occupa e quali sono i suoi valori?

Formarsi in un campus residenziale coniugando studio in aula ed esperienze in azienda, in contatto con giovani di tutto il mondo.

Questa è l’idea educativa di ELIS, realtà no profit con oltre 50 anni di storia e una rete di oltre 100 aziende consorziate che contribuiscono direttamente alla definizione dei percorsi formativi più richiesti dal mercato del lavoro. Sulla scia del messaggio di San Josemaría, ispiratore dell’ELIS, la formazione qui è pensata come uno strumento concreto per consentire a chiunque di costruire il proprio progetto di vita, partendo proprio dal lavoro. Per questo ELIS si rivolge anche e soprattutto a giovani con poche possibilità, mettendo in campo strumenti di sostegno allo studio per centinaia di migliaia di euro ogni anno.

Il percorso di crescita degli studenti è disegnato con le imprese del Consorzio e risponde a concrete esigenze del mercato del lavoro fornendo certificazioni industriali ed esperienze di sviluppo progetti su commesse reali. In più, si definisce attraverso un programma di attività che alla formazione in aula affianca attività sportive, testimonianze di professionisti di livello, incontri di tutoring e mentorship.

Più di 40mila metri quadri sono dedicati ad aule e campi sportivi, per un percorso di crescita dello studente che si compone non solo di formazione tecnica o soft skills, ma anche di attività fisica. Negli ultimi anni ELIS ha affiancato alla formazione al lavoro un settore di sviluppo progetti, attivando un Innovation Hub in cui aziende professionisti, studenti e ricercatori lavorano fianco a fianco. Oltre 1000 metri quadri di spazio sono dedicati all’innovazione, alla consulenza aziendale, all’incontro tra grandi Corporate e Startup in un contesto di contaminazione costante tra studio e progetti industriali.

Lo stesso modello viene utilizzato negli ambiti a più elevato impatto sociale: nelle attività di formazione e doposcuola con i migranti o i ragazzi che vivono percorsi di recupero sociale, e nei progetti di cooperazione internazionale portati avanti dalla ONG ELIS, la prospettiva della ricerca del talento e dell’educazione in assetto lavorativo ricopre sempre un ruolo di primo piano. Nelle periferie geografiche ed esistenziali di Roma e del mondo, ELIS promuove uno sviluppo sostenibile ed inclusivo, rivolgendosi ai soggetti più fragili della società, attraverso iniziative a supporto delle donne, dell’inserimento lavorativo e dell’imprenditoria giovanile, dei diritti e della protezione dei minori, della lotta alla povertà educativa, dell’integrazione socio-economica dei migranti e dei Minori Stranieri Non Accompagnati.

C’è un filo rosso che collega tutte le attività e che tiene insieme la storia, la ricerca dell’innovazione e l’attenzione sociale:

è il progetto di rintracciare e colmare attraverso la formazione al lavoro quelle distanze che troppo spesso separano i grandi e i piccoli: la startup dalla grande azienda, il giovane di provincia da un’importante opportunità, il disoccupato da una nuova prospettiva di lavoro, le persone del sud del mondo da una formazione di alta specializzazione. ELIS cerca di riconoscere queste distanze e di annullarle, proponendosi come ponte tra i due estremi.

Anche per questo è stata immaginata, da suoi fondatori, non come una realtà chiusa, ma come un vero network di persone e di attività.

D: A tuo avviso quali sono le prossime sfide per la formazione?

Una sfida già in corso e che caratterizzerà i prossimi anni è quella di integrare in modo sano e sostenibile la formazione in presenza e quella a distanza, elaborando un nuovo modello educativo integrato, che riconosca valori e funzioni diverse al fisico e al digitale. I momenti di lezione da remoto probabilmente diventeranno parte integrante della nuova didattica, a patto che vengano rivisti i programmi scolastici per adattarli ai nuovi strumenti e ai modelli di apprendimento che i giovani sono ormai abituati a sperimentare. D’altro canto, una scuola in presenza fatta di educazione, di esperienza e di relazioni è qualcosa di necessario e insostituibile ed è qui che i giovani dovranno “accendersi”. Perché ciò avvenga, dovranno entrare in contatto col “calore” di docenti che sapranno essere “fiamma viva”.

Docenti che oggi, da soli, non ce la possono fare e che quindi vanno aiutati direttamente, attraverso una formazione mirata, e indirettamente, affiancando nuove figure di “educatori per vocazione” per integrare i programmi con le soft skills ed occuparsi dei giovani anche sotto il profilo psicologico.

Solo mostrando ai ragazzi che è possibile immaginare e sognare ciò che si vuole essere, potremo innescare la scintilla per renderli protagonisti del percorso che li aspetta e delle scelte che saranno chiamati a compiere.

Saremo chiamati ad allenare le soft e le human skills, mettendo i giovani nella condizione di sperimentare la propria creatività lavorando su progetti reali, con aziende vere. Negli anni abbiamo toccato con mano come questa esperienza intensiva possa stimolare le vocazioni personali e generare nuove competenze.

Infine, una sfida nella sfida sarà quella di valorizzare sempre di più il corto-circuito generazionale tra i giovani e le persone d’azienda – penso ai maestri di mestiere. Sono convinto che possa innescarsi un trasferimento di valore non basato tanto sulle competenze, quanto sul significato e sul valore sociale che quel tipo di professione ricopre.

In ogni caso, è bene ricordare che non ci sono ricette né algoritmi matematici. Ciò che abbiamo sono le migliaia di storie di studenti, docenti, role model, manager e CEO che in questi anni si sono dedicati alla formazione, con la convinzione e la voglia di poter cambiare davvero le cose. È da loro che dobbiamo ripartire. In ELIS ne siamo convinti, ed è per questo che le nostre storie le abbiamo raccolte in un libro bianco, con l’idea di scommettere su quanto di buono c’è già.

Chi vuole può scaricarlo qui: https://sistemascuolaimpresa.elis.org/libro-bianco.

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