Marcella Mallen

presidente ASviS e presidente Fondazione Prioritalia

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D: Hai avuto una vita professionale ricchissima, con incarichi di grande prestigio, in campi anche diversi. Quali qualità ti hanno permesso di raggiungere questi importanti traguardi?

Il mio percorso professionale non è stato lineare. Ho intrapreso una carriera nell’area legale in organizzazioni che si occupavano di autoimprenditorialità e sviluppo locale. Vicina alla soglia degli “anta” un capo visionario mi propose di dedicarmi al personale. Subito pensai al rischio di perdere la mia fisionomia professionale, faticosamente raggiunta, di uscire dalla mia zona comfort. Decisi di correre il rischio e ne è valsa la pena. Un’esperienza che mi ha trasformato e mi ha insegnato molto: imparare ad imparare, il rispetto e la cura delle persone, la capacità di ascolto, il coraggio di abbandonare l’iperspecializzazione per diventare un manager ibrido con una visione multidisciplinare dell’organizzazione,

L’uscita involontaria dall’azienda, superati i cinquant’anni, ha rappresentato un altro momento di discontinuità generativo. Dopo lo smarrimento e la paura dell’incerto, mi si è aperto un mondo di possibilità, oltre a comprendere il significato di resilienza: la capacità di rialzarsi dopo una caduta senza perdere la fiducia in sé stessi.

Da allora mi sono impegnata nell’associazionismo in Manageritalia per rappresentare la dirigenza e le alte professionalità, prima sul territorio, poi nella formazione e ora in Prioritalia, una fondazione nata per valorizzare l’impegno civico e i valori della comunità manageriale. Infine, da circa un anno la presidenza di ASviS, un dono e una responsabilità inattesi, che ho accettato con    passione rimettendomi in gioco in un campo molto ampio, quello dello sviluppo sostenibile.

Quello che voglio dire è che per gestire la complessità in cui viviamo- in famiglia, a scuola, sul lavoro, nella società- serve fare esperienza, a condizione che si vivano le esperienze con l’atteggiamento giusto, cioè con la consapevolezza delle competenze e delle capacità che si stanno sviluppando. Avendo sempre presente che l’identità non è un dato di fatto, ma una realizzazione in continuo divenire aperta al cambiamento e alla novità.

D: La sostenibilità è un percorso obbligatorio per le aziende italiane. Come percepisci le prossime evoluzioni di questo fenomeno, in generale e in particolare per il mondo delle PMI?

La questione dell’impatto delle imprese sulla vita delle persone, sull’ambiente e sulla società in generale è diventato un tema sempre più dibattuto e rilevante per le aziende.

Dopo decenni caratterizzati da orientamenti a breve periodo e da massimizzazione dei profitti, le imprese tornano a riflettere sul loro fine sociale, entrando nell’ottica di dover ampliare la sfera dei propri obblighi verso i lavoratori e le comunità.

Le imprese hanno un impatto che si riflette sull’intero spettro dei diritti umani: il problema fondamentale è quello di identificare e gestire preventivamente il rischio di violazione di questi diritti attraverso un processo di due diligence. Una due diligence che deve, per esempio, stabilire come affrontare le questioni di genere, la vulnerabilità e l’emarginazione, riconoscendo le specifiche problematiche delle donne, delle persone con disabilità, delle giovani generazioni con l’obiettivo di costruire un nuovo modello di impresa equo, inclusivo e sostenibile.

Prestare attenzione non solo ai profitti ma anche ai diritti è l’unica strada percorribile per le aziende, comprese le PMI che rappresentano l’ossatura del sistema produttivo italiano, per affrontare le gravi disuguaglianze che minacciano la stabilità e la coesione sociale, contribuendo a migliorare il benessere integrale delle società.

Dal punto di vista della performance aziendale tutto ciò può comportare evidenti benefici in termini di reputazione, fiducia, e fedeltà dei clienti e dei dipendenti e maggiore interesse da parte degli investitori.

D: La discontinuità è un aspetto costante del contesto economico ed aziendale. A tuo avviso come il mondo della sostenibilità può adattarsi e supportare l’evoluzione delle aziende italiane?

L’Agenda 2030 dell’ONU ha portato con sé una grande novità: per la prima volta è stato espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale, superando l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale e affermando una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo.

La transizione verso un mondo più sostenibile deve essere innanzitutto partecipata e dunque affermarsi come una priorità per tutti: imprese, pubbliche amministrazioni, associazioni, scuole, università, centri di ricerca, cittadini. La missione dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) è proprio quella di far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 e la conoscenza dei suoi 17 Goals, per favorire lo sviluppo di una cultura della sostenibilità a tutti i livelli, orientando i modelli di produzione e consumo.

La trasformazione del sistema socioeconomico passa necessariamente da modifiche profonde della cultura delle imprese, e l’ASviS è impegnata direttamente nell’accompagnare tale processo di cambiamento culturale e organizzativo nella direzione dello sviluppo sostenibile, attraverso iniziative anche educative e formative che mostrino le connessioni tra i problemi più sentiti dalla società e gli Obiettivi dell’Agenda 2030

D: La capacità di fare network, nel mondo dei manager è sempre più un asset. A tuo avviso, grazie alla tua esperienza di presidente di PriorItalia, come il networking può evolversi ulteriormente in sinergia come il mondo delle imprese?

La prospettiva di impegno che proponiamo di seguire si basa sulla capacità di diffondere nelle persone e nelle organizzazioni la consapevolezza, la responsabilità e la capacità di partecipare alla costruzione di un nuovo benessere, diffuso e durevole, mettendo al servizio del bene comune la dimensione individuale e il patrimonio di competenze tipico della comunità manageriale.

L’affermarsi di tali prospettive nella pratica, nei sistemi produttivi e sociali, richiede la promozione di “leadership civiche”, consapevoli che generare benessere richiede la generosità di aprirsi ai cambiamenti e guardare oltre ai propri orizzonti, coltivando partenariati larghi e usando l’agilità esecutiva come un mezzo e non come un fine.

Alcuni esempi positivi di questo modello di sviluppo organizzativo sono forniti da realtà associative e network in cui Fondazione Prioritalia agisce come snodo: da “Il Quinto Ampliamento” con il quale abbiamo lanciato il progetto “Comete Civiche” all’ASviS, che lo patrocina, dalla reti di #InclusioneDonna e Parole O_Stili.

Le dirompenti crisi che stiamo vivendo – ambientali, sanitarie e geopolitiche – sono foriere di profonde trasformazioni economiche, sociali e culturali: è il momento di interrogarci sui nostri bisogni, sui saperi e le tecnologie che ci servono per vivere bene in un futuro incerto.

Davanti a uno scenario così complesso, chi guida le imprese e le istituzioni – i manager e i politici – deve compiere un grande sforzo adattativo. Per ricucire le lacerazioni del tessuto sociale e produttivo non bisogna più mettere toppe ma saper immaginare nuovi abiti, da disegnare, tagliare e cucire su misura attorno ai nuovi modelli di sviluppo.

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