Laura Tassinari

Founder Opening

Foto Laura Tassinari zugni Tauro

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D: Hai avuto una vita professionale ricchissima, con incarichi di grande prestigio, in campi anche diversi. Quali qualità ti hanno permesso di raggiungere questi importanti traguardi?

Sicuramente la tenacia. Oggi si definisce resilienza, la capacità di non perdere concentrazione su un obbiettivo anche nei momenti più stressanti o di maggior potenziale distrazione. A questo aggiungo la capacità di pensare che vi sono differenti modi e strategie per raggiungere una meta, e i percorsi non sono necessariamente lineari. La mia carriera professionale ne è in certo qual modo testimonianza: da ingegnere civile ho cominciato prestissimo a lavorare nell’ICT, in un periodo in cui le grandi multinazionali investivano moltissimo sulla formazione dei giovani, e li indirizzavano verso percorsi di crescita molto veloci, puntando sul lavoro di squadra all’interno di contesti estremamente motivanti. In seguito, con due bimbi piccoli, ho cominciato a operare da freelance nel marketing strategico, e qui mi ha aiutato molto la mia passione per poi entrare nella galassia delle società pubbliche, ma sempre con mindset molto “imprenditoriale”.

Tutto questo ha richiesto una grande determinazione e capacità di reinventarsi in ruoli diversi. La curiosità, di conseguenza, è un altro elemento fondante del mio carattere. Il gusto di mettersi in gioco in contesti diversi, unito ad una propensione al divertimento, anche e soprattutto in ambito professionale. E poi anche il gusto della sfida, tipico di tante professioniste, di riuscire a coniugare il successo professionale con la conduzione della famiglia. E infine la fiducia nel prossimo e la capacità di costruire squadre collaborative, coese e motivate. Non si può fare tutto da soli: se si vuole crescere e non essere travolti dal quotidiano, sia in ambito familiare che sul lavoro, bisogna avere fiducia nel prossimo e delegare. Questa è la prima vera sfida del manager.

D: La digitalizzazione è un percorso obbligatorio per le aziende italiane. Come percepisci le prossime evoluzioni di questo fenomeno?

È difficile uscire dai luoghi comuni sul tema, e sfuggire le ovvietà. La nostra realtà, quella in cui siamo immersi, oggi passa interamente per la digitalizzazione di qualsiasi dato e informazione e impatta tutti i campi della nostra esistenza quotidiana. Per quanto riguarda le aziende, queste ne hanno preso consapevolezza da tempo. La digitalizzazione delle imprese esiste da quasi un secolo, introdotta nel momento in cui determinati processi più semplici e ripetitivi hanno cominciato ad avvalersi dell’uso di tecnologie computazionali.

Oggi la quantità di sensoristica inserita in oggetti e ambienti, l’impressionante capacità di analisi delle informazioni e l’integrazione delle più disparate tecnologie hanno creato un mondo interconnesso, in grado di emettere e ricevere informazioni e di elaborarle in un nanosecondo.  E questa è un’opportunità imperdibile per innovare, in primo luogo, qualsiasi processo aziendale, una sfida soprattutto per le piccole imprese, che sono rimaste indietro relegando l’informatica ai tradizionali cicli produttivi e gestionali.

Possono, con minimo sforzo, ripensare tutti i processi, a partire dalla propria presenza sul mercato, e ampliare a dismisura i propri confini e capacità di networking, che è fondamentale.

D: La discontinuità è un aspetto costante del contesto economico ed aziendale. A tuo avviso come il mondo dell’innovazione può adattarsi e supportare l’evoluzione delle aziende italiane?

Il mondo dell’innovazione negli ultimi due lustri si è completamente trasformato, adattandosi alla velocità dei cambiamenti economici e sociali e sovvertendo completamente i suoi paradigmi. L’innovazione non nasce più esclusivamente a seguito di processi di ricerca laboriosi e codificati, spesso generati dall’Accademia o all’interno di centri di ricerca pubblici e privati. L’affermarsi dei processi di “open innovation”, l’innovazione prodotta in modo esogeno rispetto ai contesti industriali, ha velocizzato la produzione di nuovi prodotti e servizi, e la trasformazione dei processi, mettendoli al passo con la velocità dei cambiamenti globali e consentendo di dare risposte veloci alle crisi.

Un caso emblematico è quello della gestione della pandemia, dove per rispondere ad un’emergenza rapidissima e inaspettata, c’è stato un coinvolgimento di tutte le intelligenze capaci di produrre innovazione, in tutti gli ambiti, da quello strettamente riferito alla salvaguardia della salute a quello gestionale.

Un ruolo cruciale in tal senso lo giocano le startup innovative, che sempre più spesso vengono considerate e utilizzate quale dipartimento di ricerca e sviluppo da parte di grandi e medie aziende, e coinvolte tramite sfide globali all’interno di piattaforme che ne abilitano il coinvolgimento senza limiti e confini. Innovativo è anche il modello di raccolta fondi delle startup, che se hanno prodotti e servizi adatti ai mercati globali, e un business model scalabile, possono essere finanziate comunque e ovunque.

D: La capacità di fare network, nel mondo dell’ingegneria è sempre più un asset. A tuo avviso come il networking può evolversi ulteriormente in sinergia con il mondo delle imprese?

Come ho già accennato, il network, per i professionisti, come per i manager, è fondamentale. Per me si è rivelato fattore di successo cruciale quando ho iniziato la mia avventura da free-lance: se non avessi creato e mantenuto un sistema di relazioni professionali estese, sarebbe stato impossibile. È un concetto che gli ingegneri stentano a fare proprio, limitando di molto le proprie opportunità di crescita professionale ed economica. In un contesto globale e complesso, che richiede sempre più spesso competenze multidisciplinari, l’ingegnere, appassionato del proprio stretto ambito di competenza, fatica a tessere relazioni e a entrare far parte di team professionali con un ruolo da protagonista. Entra nelle squadre solo quando queste sono già create e composte, e il progetto o l’iniziativa ha bisogno di qualcuno che lo renda concreto e funzionante. Questo accade nelle aziende come nella costituzione di nuove attività imprenditoriali, dove l’ingegnere viene spesso coinvolto in seconda battuta, e raramente compare tra i fondatori, perdendo grandi opportunità.

Eppure l’ingegnere è il professionista che, per sua natura, possiede ed esercita competenze integrate di sistema, doti preziosissime per la conduzione di ogni attività, che gli consentono di cimentarsi con successo in ogni campo. Non a caso l’uomo simbolo dell’Ingegneria è Leonardo da Vinci, genio multidisciplinare e artista immenso. E le sfide complesse poste dai sistemi economici e sociali hanno bisogno, per avere risposte, di strutture professionali trasversali agili e flessibili, in grado di comporsi e di essere rilasciate rapidamente.

A questo servono i network di professionisti e per questo ho messo in campo l’iniziativa OpenIng, un’agorà virtuale che vive sulla piattaforma LinkedIn dedicata alla collaborazione tra Ingegneri e quanti siano interessati a entrare in contatto con loro e in qualche modo ne condividono la visione: un luogo per scambiarsi informazioni, opportunità, tessere partenariati., che sta funzionando. D’altra parte  questo è un momento mai visto nella storia recente, in cui ci sono straordinarie opportunità per i profili STEM, da cogliere in squadra. I giovani ingegneri devono prendere consapevolezza del loro valore e cogliere queste occasioni, fatte di grandi progetti e non solo di micro-iniziative.

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