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D: Hai avuto una vita professionale ricchissima, con posizioni sempre più sfidanti. Quali qualità ti hanno permesso di raggiungere questi traguardi?
Ho una qualità, oltre a una grande capacità di visione: la capacità di inserire all’interno di questa visione un percorso strategico di adattamento del business. Ho un percorso molto coerente: ho fatto una carriera verticale sul turismo, non sono “saltata” da un settore ad un altro. Per questo motivo conosco tutti gli elementi e le fasi di un oggetto o servizio turistico. Una conoscenza a 360°. Con questo percorso ho la capacità di osservare un problema, o una sfida, da molteplici sfaccettature ed essere più creativa nell’affrontare l’evento imprevisto. Per quanto riguarda le soft skill flessibilità e visione d’insieme sono tratti importanti. In futuro sto evolvendo una nuova fase della mia vita con un successivo passaggio nel mondo dell’immobiliare, con un focus su antiche dimore che possano essere valorizzate in chiave turistica.
D: Come è evoluto il mondo dell’Hospitality in questi anni?
C’è stata una grande evoluzione, in questi anni Covid escluso, nell’industria dell’Ospitalità. La stessa geografia dell’Ospitalità è cambiata in virtù di nuove aree e prodotti turistici emersi in zone prima trascurate o inesistenti. Penso al medio oriente con aree come Dubai, o in generale gli Emirati, che hanno reinvestito i proventi derivati da logistica aerea ed commercio navale in turismo. Anche gli Stati Uniti sono in evoluzione e sono andati a cercare nuovi formati turistici. Penso, per esempio, al mondo Food, Intrattenimento, Wellness etc..
Parlando dell’Italia abbiamo una quantità di Asset di ospitalità impressionante: circa 30.000 tra alberghi e pensioni per un totale di 1 milione di camere. Per fare il rapporto in USA vi sono 50.000 strutture con più di 7 milioni di camere. Si comprende come il rapporto camere struttura in Italia sia molto basso con strutture di piccole dimensioni. La piccola dimensione, nell’offerta turistica italiana, rischia, se parliamo del segmento medio, di limitare le capacità di fare economia di scala sui costi fissi a danno dell’offerta finale. Quando ero in Amadeus, leader nella distribuzione Globale di prodotti per il turismo e la mobilità, usavamo già reti private per connettere gli operatori di tutto il mondo, prima che arrivasse l’online, l’ecommerce è nato con i biglietti aerei e con le prenotazioni alberghiere. Siamo il settore con una maggiore penetrazione distributiva on line e con un uso della tecnologia, anche lato cliente finale, molto diffusa. Alcuni aspetti oggi molto “in voga” come la customer journey, i programmi loyalty li facciamo da decenni utilizzando il digitale.
Questo livello tecnologico a volte non traspare perché poi arrivi nell’albergo old style, che meriterebbe una rinfrescata, e si è perplessi credendo che siamo un settore arretrato ma così non è.
D: Quale impatto ha avuto la crisi Covid sul tuo settore?
L’evento Covid ha sicuramente scompaginato lo scenario ma ha fatto emergere anche un fenomeno italiano.
In Italia abbiamo una grande malattia: la rendita da posizione. È un male oscuro, apparentemente un grande vantaggio, che, tuttavia, ha inibito in molte occasioni la nostra evoluzione. Oggi con il rilancio post Covid, necessitiamo di recuperare il tempo perso su molti fronti. Ci sono vari impatti che devono essere ancora metabolizzati e a cui si dovrà rispondere, sia in ambito Lesiure che business.
Parlando di business travel, il settore terziario che ha beneficiato del lavoro da remoto, avrà ancora meno occasioni per incontrarsi e render necessari gli incontri. Ci sono delle filiere che han necessità di viaggiare: quello del lusso/business e quello delle competenze tecniche.
Partiamo da quest’ultima. Facciamo l’esempio della logistica della cantieristica: il business travel in questo caso sarà legato a maestranze, che hanno necessità di spostarsi per svolgere lavori, spesso fisici, che non possono essere svolti da remoto. In tal caso la domanda di ospitalità sarà focalizzata su aspetti legati ad efficienza del servizio e costi contenuti.
Sul lato business del lusso penso a tutti gli amministratori delegati, o comunque figure C level. Se è vero che lo smartworking, in ambito servizi, ha ridotto nel 2020 le occasioni di incontro, il 2021 vedrà sicuramente una rinascita del fenomeno viaggi di business. Tuttavia la razionalizzazione porterà a una migliore ricerca: le occasioni per manager e persone di alto profilo di incontrarsi potrebbero essere quantitativamente minori. In tal senso, quindi, vi sarà maggior ricerca di esperienze qualitativamente di alto valore aggiunto.
Uno scenario, per ricapitolare, che vede una polarizzazione su prodotti di ospitalità business di altissimo livello oppure di efficienza e costi contenuti. Ovviamente ci sarà pur sempre una domanda per prodotti intermedi, ma molto dipende da come si evolverà lo scenario dello smartworking.
Per il leisure, ci sarà un forte incremento della domanda di evasione, privilegiando le località che offrono contatto con la natura. Si viaggerà anche in piccoli nuclei, favorendo le relazioni sociali che sono venute meno nella pandemia. Nelle città d’arte, la dimensione “più umana” e meno affollata potrebbe far ripensare ad una migliore ridistribuzione dei flussi rispetto al calendario.
D: Puoi indicarci quali strategie, a tuo avviso, il mondo dell’Hospitality dovrà dispiegare per tornare ad essere una delle punte di diamante del PIL nazionale?
Si deve rimettere mano al patrimonio alberghiero; il governo, ha parzialmente purtroppo colto questa necessità, e fino ad ora non ha varato una misura fondamentale per gli alberghi, tolto le facciate e il bonus riqualificazione. Ma serve di più. Servirebbe qualcosa che portasse alla diminuzione del numero strutture ma con un aumento dei posti letto per singolo hotel e in contemporanea una generale riqualificazione degli alberghi.
Sicuramente si dovrà ulteriormente sviluppare l’offerta mare, grande attore del nostro turismo.
Esiste tuttavia un’altra industria che deve essere potenziata a vantaggio delll’ospitalità: la logistica. La mobilità è alla base del turismo. Se il resort vista mare o lo chalet in montagna è raggiungibile con difficoltà il turista, ormai aperto a differenti esperienze, sceglierà un sito con maggior accessibilità a parità di tempo e costi.
L’ospitalità da tempo si è trasformata. Non siamo più quelli della vacanza estiva. Il nostro investimento, in termini economici, tempo e risorse umane, si sviluppa lungo l’intero corso di un anno.
Se pensiamo al settore dell’ospitalità come trainante per altri settori, ad esempio se prendiamo il segmento del lusso dobbiamo considerare il turismo come sinergico rispetto al retail. I negozi del lusso richiedono clienti che risiedono in alberghi che vengono “portati” grazie alle azioni commerciali fatte dagli hotel e dalle catene. Quindi il retail trae beneficio dalla ns azione di vendita. Purtroppo però non si comprende appieno questo ruolo, tant’è che anche le misure come la cassa integrazione avevano condizioni di applicazione ideate da chi non valuta il fenomeno nel suo complesso e complessità.
Sul business travel vedo un’opportunità interessante nello staycation. È un termine e una prassi recente, nata con il Covid. L’idea è di andare in vacanza in una zona sicura dove, tuttavia il manager possa svolgere la sua attività di lavoro in modalità smartworking. Un’opportunità per mantenere i rapporti con la famiglia durante la vacanza e, nello stesso tempo, poter mantenere l’attività lavorativa. L’evoluzione digitale degli ultimi anni ha permesso a questo fenomeno di decollare. Già l’anno scorso questo fenomeno è cresciuto molto. Ritengo che con la stabilizzazione del fenomeno smart working la staycation diventerà un evento turistico strutturato.
Rispetto ad una casa un albergo può offrire differenti valori facendo economia di scala. Penso alla banda larga, vitale per lo smart working. Un supporto per le attività di piccolo ufficio. Una stanza che, aggiornata con una piccola kitchenette, possa essere un vero e proprio appartamento ma con tutti i servizi di un hotel. L’Italia è disseminata di piccoli borghi. Un’opportunità per coniugare la storia e le tradizioni del nostro paese con l’attività lavorativa per manager italiani e stranieri che vogliono avere un maggior rapporto con la nostra tradizione.
A questi aspetti si aggiunge anche il tema delle destinazioni d’uso e relativo cambio. Con lo smartworking ritengo che molte realtà di uffici potrebbero essere ripensate in chiave di ospitalità e alcuni hotel poter essere più facilmente trasformati in edilizia residenziale.