don Andrea Ciucci

Officiale della Pontificia Accademia per la Vita
Segretario Generale della Fondazione RenAIssance

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D: La tua è una vita professionale potremmo dire sui generis che ti ha permesso di lavorare in ambiti e con persone di primissimo piano a livello mondiale. Quali qualità ti hanno permesso di raggiungere questi importanti traguardi?

In effetti difficilmente uno pensa a un prete che si aggira per i palazzi delle Nazioni Unite, nei quartieri generali delle più grandi industrie dell’hitech e parla a convegni di ingegneri ed economisti. Il merito, prima che personale, sta nell’interesse che la chiesa cattolica e in modo particolare la Santa Sede ha mostrato per lo sviluppo della tecnologia e per l’impatto che essa ha sulla vita delle persone. Dentro questa attenzione istituzionale ho messo a servizio la mia formazione scientifica e filosofica, le mie attitudini all’ascolto sincero e aperto, la mia curiosità, le mie doti manageriali, la mia passione per la vita delle persone, soprattutto di chi è più debole e indifeso. Anche la mia esperienza trentennale con i giovani, il loro sguardo sul futuro, la loro esigente pretesa di autenticità.

D: Il mondo del digitale, solo in questa decade, si è velocemente evoluto. Come percepisci le prossime evoluzioni di questo scenario dal punto di vista di una realtà storica come la tua Accademia?

Come una sfida che non possiamo eludere. L’evoluzione digitale, come tutti i dinamismi umani, deve essere guidata, affinché i suoi molti frutti siano davvero posti a servizio del bene comune. Il fiorire di molti dibattiti e documenti sulla regolamentazione giuridica ed etica sta a dimostrare che questa istanza è ormai diventata patrimonio comune di molti addetti ai lavori. Forse lo stesso non si può dire dell’utente finale, a mio parere oggi ancora poco consapevole dei raffinati e potentissimi strumenti che continuamente usa ma che in realtà lo usano. Come alludi nella tua domanda il futuro digitale sembra quasi stridere con la storia bimillenaria della chiesa cattolica. In realtà l’esperienza cristiana ha sempre dato il suo meglio guardando il futuro ed assumendosi la sua parte di responsabilità nel costruirlo. Oggi può svolgere questo compito provocando una commistione potente, una sinergia stretta tra sapere scientifico e sapere umanistico. È nella commistione feconda dei due approcci che lo sviluppo diventa davvero a favore dell’uomo.

D: La discontinuità è un aspetto costante del contesto economico ed aziendale. A tuo avviso come etica e digitale possono supportare l’evoluzione d’imprese e imprenditori italiani?

Il capitalismo sfrenato, sostanzialmente finanziario e speculativo, ha mostrato definitivamente nei primi decenni di questo secolo i suoi limiti e la sua pericolosità, anche economica. Le crisi finanziarie, l’aumento della sperequazione economica, le tensioni sociali planetarie sono alcune dei macrofenomeni che vanno sempre ricordati accanto all’obiettivo miglioramento delle condizioni di vita di non pochi abitanti del pianeta. L’assunzione diffusa di un driver di innovazione potente quale quella posta in essere dalla transizione digitale in atto è certamente una buona notizia: mi colpiscono sempre, ad esempio, le incredibili ed efficacissime applicazioni in campo medicale e agricolo, capaci di offrire cure e risorse fino a poco tempo fa impensabili. A patto di non fare delle trimestrali di cassa l’unico criterio di valutazione del successo di un progetto economico e industriale.

L’etica svolge qui un duplice ruolo. Anzitutto, dando spessore profondamente umano all’impresa economica, l’attenzione all’etica offre quel valore aggiunto che oggi molti studi riconoscono fonte di successo economico a medio termine. In secondo luogo, la domanda sull’eticità di un’impresa economica ha sempre una funzione critica di fondo: impone una vigilanza che non può mai venire meno, chiede un’attenzione perenne ai fini e ai modi, alle forme economico-sociali e alle narrazioni che le sostengono. Il fastidio che questo continuo pungolo impone è il segno della percezione della responsabilità insita in ogni impresa economica, anche e soprattutto in contesti particolarmente innovativi.

D: L’intelligenza è un concetto talvolta sfuggente. Oggi poi con le prime proto-AI (algoritmi non senzienti) esiste un nuovo tipo di intelligenza con cui l’uomo dovrà convivere. Come percepisci l’evoluzione di questa futura sinergia sintetico e biologico e le possibili ricadute positive per società e imprese?  

L’esperienza umana è sempre dinamica e in evoluzione; per questo non mi spaventa anche quando questa appare particolarmente pervasiva e veloce. Spesso ci si domanda cosa resterà dell’uomo nell’epoca dei cyborg e della totale trasposizione della realtà in ambiente digitale. Dipende quasi esclusivamente da noi: se sapremo conoscere, giudicare e discernere, regolamentare e scegliere, anche questo fenomeno, se continueremo cioè a essere uomini. È questo il nostro modo di abitare il pianeta Terra e forse molti altri.

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