Carlo Tassi

Presidente di Italian Angels for Growth.

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D: Hai avuto una vita professionale ricchissima, con incarichi di grande prestigio. Quali qualità ti hanno permesso di raggiungere questi importanti traguardi?

Se devo dire una cosa che mi ha accompagnato nel corso degli anni nelle mie attività, è la voglia di apprendere cose nuove e la curiosità di capirne l’evoluzione. Questo è ancora più vero da quando mi occupo di angel investing, attività che mi ha consentito di ampliare il processo di apprendimento a vari settori economici, a diversi modelli d’innovazione e a vari aspetti del percorso imprenditoriale.

D: L’innovazione digitale è un percorso obbligatorio per le aziende italiane. Come percepisci le prossime evoluzioni di questo fenomeno?

Il ritardo delle imprese italiane è dovuto ad un elemento culturale che ci vede nella retroguardia dei paesi più industrializzati in tema di digitalizzazione. Le imprese non fanno eccezione, ma l’effetto positivo in questo senso di un evento estremamente negativo come la pandemia ha accelerato anche da noi un processo che stava avvenendo molto lentamente.

Credo che le startup anche in questo ambito possano giocare un ruolo fondamentale per portare anche le imprese più tradizionali verso una digitalizzazione dei loro processi, sia perchè possono fornire soluzioni, sia perchè stimolano la competizione, introducendo nuovi modelli di business e costringono così le aziende più tradizionali a stare al passo.

D: Il mondo dell’Angel Investing è in forte crescita e sopperisce ad una tipica carenza italiana nel mondo del Venture Capital. Quali prospettive per questo settore nel nostro Paese?

Direi piuttosto che si sta prendendo il giusto posto nell’ecosistema che supporta le startup nelle varie fasi di crescita. Fino a qualche anno fa il venture capital in Italia era poco sviluppato e i business angels dovevano sopperire a questo investendo ed accompagnando le startup per un percorso più lungo di quello che fanno in altri paesi. Negli ultimi anni, grazie soprattutto all’intervento di CDP, sono nati molti nuovi fondi di venture capital che possono ora supportare meglio la startup nelle fasi di ulteriore crescita. I business angels si possono maggiormente concentrare sull’investire in una fase di vita più anticipata dove i capitali che possono mettere in gioco e le competenze che hanno, aiutano le startup a spiccare il volo.

D: Quello del fractional management è un trend che nasce negli USA, proprio per supportare scaleup venture-backed. A tuo avviso come questo modello può evolversi ulteriormente in sinergia con il mondo dell’equity investing?

E’ una modalità ancora giovane da noi, ma che può offrire interessanti opportunità se attivata nel momento giusto della fase di sviluppo di una società, quando deve scalare e ha bisogno di figure esperte ma ancora magari non se le può del tutto permettere e ha bisogno di flessibilità perchè la crescita può essere veloce e le figure da inserire sono molte e non tutte esperte. Occorre però fare attenzione a non trattare le startup come piccole aziende tout court; se i Fractional Manager si avvicinano alla startup in una fase di vita ancora molto giovane devono essere capaci di apportare esperienze startup e non aziendali, perchè queste ultime potrebbero essere più dannose che utili.

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