Barbara Cominelli

CEO Italy – Jones Lang LaSalle SpA

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D: Hai avuto una vita professionale ricchissima, con incarichi di grande prestigio, in campi anche diversi. Quali qualità ti hanno permesso di raggiungere questi importanti traguardi?

Guardando indietro credo che per me siano state – e sono ancora importanti – alcune cose, che definirei approcci, focus e mindset, più che qualità in senso stretto.

Il primo è riassumibile in un tweet: “pensa e agisci come se l’azienda fosse tua”. È un approccio imprenditoriale che devo sia al mio background familiare sia all’esperienza fatta a fianco degli imprenditori con cui ho avuto il piacere di lavorare.

Ho prevalentemente ricoperto ruoli da manager nella mia carriera, mi trovo molto a mio agio in organizzazioni articolate e complesse, ma ho riscontrato che a volte queste grandi organizzazioni rischiano di verticalizzare e funzionalizzare il lavoro dei manager, appiattendolo su obiettivi di breve periodo o di business unit, riducendo così la propensione al cambiamento e creando i famigerati silos. Io cerco sempre di decidere e agire con la big picture in mente, considerando l’azienda a 360 gradi. Questo significa ad esempio cercare sempre di mantenere due velocità: non solo gli obiettivi di breve, ma anche la sostenibilità a lungo termine, non solo i propri obiettivi individuali, ma, innanzitutto, quelli dell’azienda nel suo complesso e dell’azienda come ecosistema articolato di stakeholders – azionisti, clienti, dipendenti, e la società. Non il mio successo individuale, ma il successo per gli altri e tramite gli altri.

Il secondo è il focus sull’innovazione, intesa come un orientamento all’evoluzione, alla crescita, al rinnovamento e al miglioramento. L’innovazione infatti può essere tecnologica, di prodotto, di processo o anche organizzativa, ma parte sempre dalla capacità di guardare un problema con occhi diversi, connettere i puntini, dal coraggio di rischiare, di mettere – e mettersi – in discussione, non fermandosi davanti allo status quo.

E per me, che per DNA sono molto pragmatica, l’innovazione è pratica: non è una semplice idea, è un’idea tradotta in azione, implementata.

Il terzo riguarda la capacità di ascoltare e imparare. Di fronte a una aumentata complessità, noi leader non possiamo avere tutte le risposte. È quindi importante avere l’umiltà di ascoltare, imparare e collaborare, per sfruttare al meglio la ricchezza di stimoli e contenuti che vengono dall’interno dell’azienda (dai collaboratori più vicini, ma anche dal resto dell’organizzazione, liberando e facendo fluire idee e contributi a tutti i livelli) e, forse ancor più cruciale, dall’esterno, dai clienti, dai diversi partner e stakeholder.

Infine, l’ultimo e sicuramente più importante: il focus costante sullo sviluppo della squadra. Diceva Jack Welch che il successo per un leader sta tutto nel far crescere gli altri, far crescere la squadra: è uno dei principi di management che prediligo. L’allenatore conta, ma è la squadra migliore che vince. Per questo è importante porsi come coach, non basta semplicemente gestire al meglio la macchina, la macchina va continuamente sviluppata e migliorata: oggi più che mai una execution eccellente equivale a una squadra eccellente, una squadra che permetta all’impresa di continuare a stare sempre un passo avanti e costruire un vantaggio sostenibile e duraturo nel tempo.

D: A tuo avviso come il settore immobiliare, specialmente quello commerciale, potrà trarre beneficio dal Pnrr?

Tra le aree di investimento del PNRR, la Missione 2, relativa alla transizione ecologica, rivestirà un ruolo fondamentale nella decarbonizzazione, nell’aumento della qualità dell’offerta e nella crescita del settore real estate, con risvolti positivi sull’economia del Paese e l’inclusione sociale.
Il settore immobiliare è oggi responsabile del 38% delle emissioni di gas serra (28% da emissioni operative e 10% da materiali e costruzioni, fonte IPCC 2021), principale causa del surriscaldamento globale. Il parco immobiliare italiano è profondamente inefficiente, con l’84% degli edifici che ha una classificazione energetica inferiore a D. Circa il 90% di questi immobili sarà ancora utilizzato nel 2050 ed è quindi necessario intervenire tempestivamente con opere di riqualificazione energetica.

Uno dei pilastri del Green Deal europeo, la cosiddetta Renovation Wave, si pone lo sfidante obiettivo di ridurre le emissioni degli immobili del 60%, con un impatto estremamente positivo sull’ambiente e l’opportunità di creare posti di lavoro. Ad oggi, solo lo 0,2% degli edifici ogni anno va incontro ad un processo di riqualificazione così importante e la Renovation Wave dovrà riuscire ad accelerare notevolmente questo processo.
Per supportare questo piano sarebbe fondamentale poter estendere gli incentivi oggi riservati al residenziale ad ulteriori categorie di immobili, dagli uffici al retail, dall’hospitality alla logistica.

La riqualificazione di singoli edifici dovrebbe poi estendersi a progetti di rigenerazione di intere aree urbane, rendendole più sicure, green e accessibili, avvicinandoci a modelli di città fatte di distretti sostenibili, incentrati sulla comunità e che offrono una commistione di spazi abitativi, commerciali e ricreativi. Modelli su cui la pandemia ci ha fatto riflettere, reimmaginando un contesto in cui non solo ripartire, ma ridisegnare il nostro futuro, che non sono solo ideali ma che possono avere un riflesso positivo sull’economia: in termini di PIL, infatti, ogni euro investito in rigenerazione genera il triplo di valore sull’indotto.

D: Real Estate ed E-commerce. Spesso visti come in conflitto a tuo avviso possono essere l’uno il supporto per la crescita dell’altro? (Penso alla logistica dell’ecommerce, la digitalizzazione di magazzini etc..)

L’e-commerce è stato spesso visto come la causa della crisi dei negozi e dei centri commerciali, perché sembra sottrarre quote di mercato al commercio locale. In realtà il retail fisico e quello on-line hanno dimostrato di essere complementari. Il retail sta da tempo affrontando una profonda trasformazione, che ha reso alcune realtà obsolete e ha favorito quei brand che hanno messo al centro l’esperienza, il cliente, i servizi, l’innovazione e l’attenzione alla sostenibilità anche sociale delle loro iniziative e dei loro prodotti. Durante la pandemia si è assistito ad una crescita esponenziale dell’e-commerce, ma che è cresciuto anche il fatturato dei negozi di vicinato, che potevano essere raggiunti a piedi o con brevi spostamenti in auto. In termini di investimenti, questo trend ha portato ad una crescente attenzione verso il grocery (supermercati, ipermercati) e i retail park che si sono dimostrati resilienti alla crisi pandemica.

La crescita dell’e-commerce continuerà nei prossimi anni, pur mantenendosi su livelli inferiori in Italia rispetto al resto d’Europa. Grazie al turismo e all’attrattività dei centri storici delle nostre città, il negozio fisico continuerà ad avere un ruolo centrale. Parallelamente, i negozi tenderanno a dedicare sempre minore spazio al magazzino, appoggiandosi ai distributori, e si organizzeranno per rendere più efficiente il canale e-commerce, tramite servizi di click&collect e di reso merce di acquisti fatti on line.

Affinchè questo processo sia efficiente e non eccessivamente oneroso, la logistica dell’ultimo miglio svolge già oggi un ruolo primario. Per distribuire le scorte sono necessari più punti distributivi disseminati per la città e aree attrezzate per la distribuzione poste a ridosso delle città stesse. Tutto questo ha contribuito alla grande attenzione verso il settore della logistica, che nel 2021 ha raggiunto livelli di take-up e di investimenti record. Registriamo una grande richiesta di spazi logistici dai 1.000 ai 5.000 mq localizzati a non più di 30 min dal centro e di piccoli magazzini tra i 300 e i 1.000 da destinare alla logistica urbana.

D: Come vedi il ruolo dell’innovazione nel mondo aziendale italiano? 

L’innovazione facilita l’adozione di nuovi modelli di lavoro ibridi e migliora sicurezza e accessibilità degli spazi di lavoro. La digital transformation è diventata una priorità di investimento per i CEO, in quanto ha un impatto enorme su aspetti strutturali quale, in primis, data e automation, con risultati positivi in termini di raccolta e analisi dei dati, capacità predittive – indispensabili in uno scenario così variabile e incerto -, ma anche produttività ed efficienza operativa.
Allo stesso tempo, la tecnologia consente una maggiore personalizzazione dei servizi offerti ai clienti e agli stakeholder interni all’azienda, migliorandone l’esperienza di fruizione e aumentandone coinvolgimento e soddisfazione.

L’innovazione svolge un ruolo primario nel raggiungimento di maggiori standard di benessere e sostenibilità intesa nella sua più ampia accezione, da quella ambientale agli aspetti sociali. La tecnologia è infatti da un lato il principale enabler della decarbonizzazione e dell’efficientamento energetico degli immobili, poiché rende ad esempio possibile un monitoraggio costante e puntale di parametri legati ad esempio alla qualità dell’aria, ai consumi legati al riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria – fondamentali nella gestione degli spazi ad uso ufficio.

La tecnologia, inoltre, supporta la trasformazione del workplace, verso un modello che mette al centro la salute psico-fisica delle persone, conciliando performance e benessere, oltre a garantire reale inclusività degli spazi di lavoro, che devono essere progettati secondo una logica di universal design e disporre di strumenti e supporti digitali che consentano a tutte le persone, indipendentemente dalle loro capacità fisiche, di poter svolgere il proprio lavoro in modo del tutto funzionale.

Un ruolo fondamentale quello della tecnologia, nel contesto di oggi in cui le aziende stanno ripensando i propri uffici per creare spazi innovativi dove crescere e collaborare, a fronte di lavoratori che solo nel 36% dei casi riescono a mantenere solide relazioni professionali e a sentirsi veramente parte di una comunità lavorando solo da remoto, e in cui la cosiddetta Great Resignation spinge molte persone a cercare un nuovo posto di lavoro, minando talent retention e produttività delle imprese.


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