Anna Gionfriddo

Amministratrice Delegata di ManpowerGroup Italia

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D: Hai avuto una vita professionale ricchissima, con incarichi di grande prestigio, in campi anche diversi. Quali qualità ti hanno permesso di raggiungere questi importanti traguardi?

Ho sempre avuto una grande passione per il mondo delle persone, delle risorse umane, alla quale ho continuamente accompagnato una forte determinazione nell’affrontare le nuove sfide che mi si presentavano, con energia e curiosità. La passione e la mia determinazione sono state per me uno stimolo, che ha accentuato determinate mie caratteristiche, come la capacità di visione d’insieme.

Questi tratti della mia personalità sono certamente stati il primo driver, ma in un settore complesso come quello delle HR è necessario sviluppare ulteriori competenze trasversali come leadership, capacità di ascolto, pensiero laterale, che sono state fondamentali per il mio percorso professionale.

Tutto ciò mi ha permesso di approfondire la conoscenza del business e del mercato, oltre a focalizzarmi sullo sviluppo di percorsi di formazione e di crescita dei talenti. Negli ultimi anni in ManpowerGroup, ad esempio, nel ruolo di Manpower Brand Director, ho lanciato “My Path”, il programma di upskilling di Manpower nato per sostenere lo sviluppo di skills specializzate, al fine di aumentare la stabilità e continuità occupazionale e accompagnare le aziende nella crescita con competenze che cambiano continuamente. Inoltre, ho contribuito a diversificare i vari brand del Gruppo Manpower, per generare sempre maggiore valore per clienti e candidati.

D: Il mondo delle risorse umane, solo in questa decade, si è velocemente evoluto. Come percepisci le prossime evoluzioni di questo scenario dal punto di vista di una realtà storica come Manpower?

La pandemia ha accelerato con enorme forza cambiamenti già in atto e che a questo punto non sono più uno scenario futuro, ma una sfida presente. In primo luogo, la trasformazione digitale sta comportando una serie di cambiamenti per le aziende. Dal punto di vista delle risorse umane, ad esempio, l’innovazione comporta una rivoluzione delle competenze che richiede alle aziende continue azioni di reskilling e upskilling del personale, per aggiornarne le skills o svilupparne di nuove. Allo stesso tempo è necessario introdurre negli organici nuovi talenti, affrontando la sfida che la carenza di profili adeguati ci pone ogni giorno.

Si tratta di un paradosso che si sta consolidando nella nostra società: come sottolineato dall’indagine ManpowerGroup Employment Outlook Survey (MEOS), le aziende prevedono di assumere nuove risorse nel terzo trimestre 2022 con un aumento delle prospettive di assunzione pari al +23%. Tuttavia il talent shortage, cioè la carenza di talenti, in Italia riguarda il 72% delle aziende.

Le cause di questo fenomeno si possono ritrovare nella velocità con cui il digitale sta trasformando la società e le aziende, andando ad incidere sulla carenza di profili specializzati. A questo fattore si aggiunge il crescente numero di opportunità professionali per le figure tecniche, oltre ai nuovi bisogni e necessità che contraddistinguono i talenti e che ne indirizzano le scelte. La retribuzione, infatti, non è più la principale priorità. Come indicato dallo studio “The Great Realization”, in Italia il 42% dei lavoratori desidera orari di lavoro più flessibili e il 37% ricerca piani di formazione, sviluppo delle competenze e tutoring, mentre un dipendente su due è disposto a cambiare azienda pur di ottenere questi benefit.

Le aziende, quindi, devono essere più creative nell’attrarre, formare, riconvertire e fidelizzare i dipendenti più competenti, e la consapevolezza dei desideri delle proprie persone in azienda è un elemento basilare per creare strategie di Talent Retention efficienti. Ad esempio, come evidenziato nel report “Uncharted Territory” del nostro brand Talent Solutions, un elemento fondamentale per trattenere in azienda i migliori talenti sarà l’implementazione di azioni di career coaching. Tre lavoratori su quattro che hanno ricevuto attenzione e colloqui personalizzati sulla loro carriera decidono infatti di rimanere all’interno dell’azienda per cui già lavorano.

D: La discontinuità è un aspetto costante del contesto economico ed aziendale. A tuo avviso come l’industria delle risorse umane può adattarsi e supportare l’evoluzione d’imprese e imprenditori italiani?

ManpowerGroup ha un osservatorio privilegiato sulle dinamiche del mercato del lavoro, e dunque non può prescindere da un ruolo di partner di aziende e imprenditori nel navigare in un contesto economico complesso come quello attuale. Per farlo però è necessario dotarsi degli strumenti adatti per fornire una lettura ragionata dello scenario. Ad esempio, insieme a EY conduciamo un Osservatorio permanente sui profili e le competenze del futuro che si basa su un modello predittivo della domanda di lavoro in Italia fino al 2030, permettendo di evidenziare, rispetto ad alcuni profili professionali, come cambierà la domanda da parte del mercato e quali competenze hard e soft saranno necessarie.

Secondo il nostro Osservatorio, nel corso del decennio ci sarà un forte cambiamento della domanda di personale da parte delle aziende:

  • solo una professione su cinque rimarrà stabile
  • il 44% andrà incontro a una decrescita e un 36% sarà in crescita.
  • Sorgeranno nuove esigenze di breve e di lungo periodo per le aziende, riconducibili alla carenza di competenze che si riscontra sul mercato.
    Per le necessità di breve termine bisognerà ripensare all’upskilling, a una formazione veloce, in pillole, basata su training rapidi e maggiormente inerente a specifici ruoli e mansioni, con contenuti curati, facilmente accessibili e attinenti al presente.

Come ManpowerGroup, ad esempio, offriamo attraverso le Academy percorsi di formazione di varia durata in base al tipo di professionalità da formare, che realizziamo insieme alle aziende partner per trasmettere le tecnologie immediatamente necessarie e utili per assumere ruoli negli stabilimenti e negli uffici delle aziende stesse.

Per le necessità a lungo termine, invece, la logica deve essere previsionale, è necessario quindi dotarsi di un modello evolutivo delle competenze come quello di EY e ManpowerGroup. Le aziende che guardano al futuro non sono tanto interessate alle competenze già presenti, ma a quelle che a tendere si svilupperanno in futuro, perché ciò che si sa fare oggi non sarà quello che verrà richiesto domani. Cambiano quindi le modalità di reclutamento, di selezione, le aziende cercano dei modelli per prevedere come sarà la performance della persona perché anche l’azienda deve cambiare e cambierà, e ha bisogno di dotarsi di collaboratori in grado di anticipare, guidare e accompagnare questo cambiamento.

D: Il mondo del fractional executive è una realtà recente, e tuttavia in pochi anni è divenuto un trend setter per la gestione delle risorse umane di alto profilo, a vantaggio delle aziende. Quali scenari di crescita vedi per il settore Fractional?

Quello del Fractional è un settore in crescita tendenziale già da alcuni anni, e coinvolge una platea di aziende vasta ed eterogenea, dalle PMI alle grandi aziende. Il profilo del Temporary Manager giocherà un ruolo cruciale per molte società. Nello specifico, di fronte a scenari di settore che accelerano, a trasformazioni impellenti, cambiamenti imprevisti, incertezza e necessità strategiche immediate, la figura del Temporary Manager sarà sempre più richiesta.

Come descritto nell’annuale ricerca di Inima, l’associazione di categoria, si tratta di una figura che ha in media 56 anni e ne ha trascorsi almeno 6 in ruoli da middle o top manager, a riprova dell’esperienza come sua caratteristica chiave. Inoltre, si differenzia dal consulente esterno, perché non si limita all’analisi della situazione di partenza ma si prende in carico l’esecuzione operativa di un progetto o di una strategia, con piani e programmi per realizzare gli obiettivi prefissati.

Dall’osservatorio privilegiato di Jefferson Wells, il brand di ManpowerGroup specializzato nella selezione di Senior ed Executive Manager che offre supporto anche a questo specifico settore, è possibile rilevare che in seguito della pandemia oltre il 30% delle grandi aziende ha inserito o inserisce Temporary Manager, rispetto a una media generale che si attesta fra il 15 e il 20%.

Tuttavia, è soprattutto per le PMI che il Temporary manager diventerà uno strumento ideale per portare in casa competenze di alto livello, non altrimenti disponibili, a costi accessibili. Un’azienda può ricorrere a una figura specializzata e transitoria in diverse situazioni e per cause diverse. Per un progetto che richiede competenze non presenti in azienda, da rinforzare o da formare, per esempio, per gestire situazioni di difficoltà economica, ma risulta fondamentale anche per accelerare il cambiamento in fasi di crescita e di sviluppo aziendale.

Un Fractional Executive può fare la differenza per una PMI.

Come?
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