Intervista ad Alberto Mattia, Chiarman & CEO

___________________________________

D – Ci vorrebbe raccontare la storia della sua azienda?

R -PANTA RAY credo abbia una storia molto singolare e affascinante. La società è stata fondata nel 2009 da Gianna Detoni, che era mia madre, dopo 33 anni di carriera in JP Morgan Chase. Lei è stata tra i pionieri a livello mondiale nel settore della resilienza organizzativa, che comprende una serie di discipline gestionali che contribuiscono a preparare le organizzazioni a shock come incidenti, emergenze o crisi, rendendole adattabili a un contesto in continua evoluzione.

Dopo tanti anni da manager di banca, dove ha diretto il programma di risk resilience per l’area Europe, Middle-East and Africa, sentiva di avere nelle sue corde un’esperienza imprenditoriale e ha lanciato la sua boutique di consulenza e formazione. Dal momento che ci occupiamo in particolar modo di continuità operativa, si è ispirata al principio del tutto scorre di Eraclito (panta rei, appunto) e – nella scelta del nome – l’ha modificato in coerenza con la sua visione internazionale. Il termine ray – in particolare – evoca l’immagine del raggio e dell’illuminazione.
Io sono entrato in società nel 2014, dopo un percorso analogo, ma logicamente più breve. E adesso, insieme a un fantastico team basato prevalentemente in Italia, ma che conta anche dei partner operanti sul mercato internazionale, porto avanti la missione avviata da mia madre, che è quella di rendere il mondo più resiliente.

D – Cosa ha permesso alla sua impresa di raggiungere il successo?

R – In realtà, per raggiungere l’idea di successo che ci siamo costruiti in questi anni, c’è ancora tanto da lavorare. Soprattutto sul piano della sensibilizzazione delle organizzazioni sull’importanza della resilienza e su quello dello sviluppo di una cultura imprenditoriale, non solo italiana, incentrata sulla sostenibilità. Ad oggi, direi piuttosto che siamo un’impresa di valore, che è già un primo (grande) traguardo, di cui siamo comunque molto fieri.

Certamente, la figura di Gianna Detoni – che era una vera star nel nostro settore – ci ha aiutato moltissimo e continua a ispirarci. Oltre ad averci trasmesso la sua competenza ed esperienza, ha contribuito a creare un movimento che va ben oltre PANTA RAY e che fa sì che la resilienza organizzativa stia diventando un ambito professionale pienamente riconosciuto. Questo è sicuramente un elemento fondamentale.
Poi il nostro team ha avuto il merito di aggiungere entusiasmo e concretezza a una visione. Siamo un gruppo di persone giovani e, compatibilmente con le nostre dimensioni, stiamo molto attenti agli equilibri di diversity perché riteniamo fondamentale poter beneficiare di prospettive diverse. Cerchiamo di costruire ogni giorno un clima aziendale in cui le idee prevalgono sulle gerarchie e il focus dev’essere sempre la qualità.

D – Quali sono oggi le dinamiche del vostro settore e le sfide che dovete affrontare e con quali prospettive?

R – Partendo dalle prospettive, direi – con anche un buon grado di certezza – che il settore della resilienza organizzativa può solo crescere. La pandemia ha dimostrato inequivocabilmente l’importanza della business continuity, del crisis management, del risk management e di quanto le pratiche di health and safety management siano imprescindibili per il funzionamento di qualsiasi organizzazione. Le tensioni geopolitiche, la crisi energetica e la spirale inflazionistica pongono l’accento sulla necessità di una buonasecurity. E poi il contesto generale impone una crescente attenzione all’ambiente e alla gestione della supply chain.

Il nostro lavoro non è mai stato così stimolante, ma sta diventando sempre più difficile ed è richiesta una certa dose di creatività e – soprattutto – la capacità di innovare.
Quanto alle sfide, la principale è sempre la stessa, soprattutto per chi si occupa di formazione e consulenza: combattere la dilagante mancanza di professionalità e l’illusione che ci si possa affidare solo al buon senso (in inglese: “common sense”), perché… “common sense is not so common”.

D – Come è maturata la decisione di considerare il supporto di un fractional manager esterno?

R – La decisione è maturata in modo naturale nel momento in cui ci siamo resi conto che le nostre ambizioni superano di gran lunga il nostro talento. Scherzi a parte, gestire un’impresa è molto difficile e una PMI non può pensare di avere tutte le competenze al suo interno per affrontare le tante sfide che il contesto ci offre, magari perseguendo anche obiettivi di crescita.

Il primo passo è stato quello di professionalizzare il processo di pianificazione finanziaria a supporto della strategia e il controllo di gestione. Con Laura Terenzi di YourCFO abbiamo collaborato molto intensamente per tre anni e tuttora ci sentiamo regolarmente. Al di là dell’indiscutibile beneficio che ne ha tratto PANTA RAY, Laura è diventata una vera e propria mentore per me.
Poi abbiamo sentito anche l’esigenza di avere un supporto nella gestione delle risorse umane. Siamo un team giovane e non è facile, soprattutto se non si ha una grande esperienza manageriale. Il rischio di fare errori è concreto e io, ovviamente, li ho fatti tutti. Però Emanuela Sermidi di YourHR è stata preziosissima nell’aiutarci a trovare un equilibrio.
Infine, mi fa piacere ricordare anche la collaborazione con Manuela Macchi di YourCEO, con cui abbiamo prodotto un paper molto interessante sulla relazione tra sustainability e business continuity nel raggiungimento degli obiettivi di resilienza per le organizzazioni.