di Luca Barbierato, Associate Partner yourCEO


 

 

La chiamata: missione professionale in Patagonia

Seguendo le orme di uno degli eroi della mia infanzia, Tex Willer (Albo Speciale: Tex Willer in Patagonia), anch’io ho vissuto la mia esperienza in Patagonia, o per meglio dire in Argentina. È una terra forte e con regole proprie non solo dal punto di vista naturalistico ma anche da quello professionale. Quello che attira gli investitori italiani è una (apparente) forte similitudine con l’Italia, a partire dal cibo (fanno ottime pizze e buonissime paste al pomodoro o carne alla brace), ma anche dalla lingua: lo Spagnolo che si parla in Argentina è stato molto influenzato dalle migrazioni italiane (per esempio la parola “lavorare” in spagnolo si traduce con “trabajar” ma in Argentina si usa invece “laburar”).

Però ci si scontra, a livello professionale, con peculiarità economiche, legali e lavorative, molto diverse da quelle italiane:l’inflazione è ormai oltre il 40%, vi sono fortissime oscillazioni del tasso di cambio pesos ar/euro, organizzazioni sindacali molto attive e belligeranti ecc. …, che rendono l’attività imprenditoriale molto complessa e imprevedibile.

 Ho dovuto “specializzarmi”, capire molto presto che il mio compito principale era innanzitutto quello di spiegare queste caratteristiche agli imprenditori italiani che mi avevano assunto per gestire le loro filiali in Argentina.

 

Una missione davvero impossibile: a volte gli sforzi non bastano

In un caso specifico mi sono trovato a gestire una piccola filiale (15 persone) di un grosso gruppo industriale del centro Italia che in quegli anni era un leader riconosciuto a livello mondiale nella progettazione, produzione ed installazione di impianti per la produzione di olio di oliva, vino, latte ma anche di trattamento di fanghi industriali e rifiuti liquidi. La filiale argentina si era sviluppata sotto il controllo della filiale brasiliana del Gruppo, ma alla fine anche questo aveva contribuito al mancato raggiungimento degli obbiettivi indicati dagli azionisti: Brasile e Argentina sono due paesi dell’America Latina ma sono come l’acqua e l’olio: sempre separati.

La prima cosa che ho notato al mio ingresso nella società è stato una scarsa comunicazione tra la filiale e la Casa Madre dato che tutto era filtrato dalla filiale brasiliana.

Mi sono immediatamente dedicato alla gestione degli incassi, poiché le fatture scadute e non pagate ammontavano quasi ad 1 anno di fatturato. Inoltre spesso i pagamenti, anche a 36-48 mesi, non erano garantiti rendendo molto difficoltoso l’incasso.In questo modo sono riuscito a ridurre almeno in parte il fabbisogno finanziario della filiale.

Altro momento interessante è stato quando il Governo argentino ha limitato le importazioni di beni esteri alle sole società che erano in grado di esportare dei prodotti argentini all’estero. Ovviamente noi eravamo degli importatori puri e ancora mi ricordo la telefonata con il Ministro dell’Economia argentino, che alle mie rimostranze sulle difficoltà ad importare macchinari che servivano per lo sviluppo dell’industria argentina mi disse, testuale: “aiuta il nostro export in modo da bilanciare il disavanzo commerciale e non avrai problemi ad importare i tuoi macchinari”. E’ cosi ho dovuto anche affrontare questa problematica e in poche settimane dedicarmi anche alla ricerca di prodotti da esportare e soprattutto strutturare le procedure di export.

Nonostante gli sforzi sia miei che degli azionisti e dei manager italiani, non siamo riusciti a salvare la filiale ed ho dovuto chiuderla.

 

“No hay mal que para bien no venga!”

Ma a poche settimane dalla chiusura delle attività ho invitato gli (ex)dipendenti a pranzo ed ho proposto loro di diventare gli agenti della società italiana per l’Argentina:quando si vendono beni industriali bisogna essere in grado di dare assistenza tecnica e anche ricambi per i 10 anni successivi.

La società italiana era interessata al mercato, i clienti apprezzavano i prodotti ed avevano bisogno di assistenza e ricambi.

La soluzione fu vincente per entrambe le parti.

Avevo anche deciso di non disdire ancora il contratto di affitto degli uffici e del magazzino e quando gli ex-dipendenti hanno accettato la mia proposta hanno dovuto solamente costituire la propria società,in quanto tutto il resto era già operativo e la ripartenza assicurata!

Come dice un proverbio argentino: no hay mal que para bien no venga! (equivalente al nostro: non tutto il mal vien per nuocere).

 

 

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